“Sono ancora viva”, voci di donne che hanno detto basta alla violenza. Presentazione del libro

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Si intitola Sono ancora viva il libro a cura delle giornaliste Elena Guidieri e Chiara Brilli – presentato in Consiglio regionale – che raccoglie le testimonianze di donne che ad un certo punto della loro vita hanno deciso di dire basta alla violenza fisica e psicologica, ed hanno scelto la via della denuncia.

Questo volume è un’occasione di riflessione su ciò che si può e si deve fare per passare dall’analisi del terribile fenomeno del femminicidio alla comprensione delle cause scatenanti che determinano gli atti di violenza. Le protagoniste del volume, raccontandosi, affrontano quella violenza subdola che colpisce le donne nel momento in cui dicono ‘no’, sottraendosi ai ruoli imposti da qualcosa che è nato come amore. Ma che non lo è più o, forse, non lo è mai stato.

Le interviste sono state realizzate dalle due giornaliste in collaborazione con il coordinamento TOSCA dei Centri Antiviolenza della Toscana e riportano anche un confronto con le stesse operatrici. I Centri Antiviolenza della Toscana sono un punto cruciale per il nostro tessuto sociale regionale. Nn vi è dubbio che essi andrebbero rafforzati, sostenuti con maggiori risorse pubbliche, messi in grado di accogliere un maggior numero di donne che ne hanno bisogno. Sono un presidio che ha dimostrato sul campo la propria stringente utilità.

Io sono ancora viva è un testo innovativo, che permette di pensare a cosa è possibile realmente progettare per ridare una nuova opportunità a vite a cui era stata tolta ogni speranza.

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Pianeta Galileo 2014: conferenze, motori e robotica alla rassegna dedicata alla cultura scientifica

E’ stata inaugurata stamani – martedì 28 ottobre – nell’Auditorium del Complesso di Sant’Apollonia, la XI° edizione di Pianeta Galileo, la rassegna dedicata alla cultura scientifica.

I motori automobilistici e la robotica tattile sono stati al centro della manifestazione, grazie agli interventi di Giuseppe Cantore dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia con I motori automobilistici: dall’alba di Barsanti al rosso Ferrari, e a Domenico Prattichizzo dell’Università degli studi di Siena con Mani e robot.

Pianeta Galileo è un progetto di educazione scientifica nato nel 2004, che mette in contatto il mondo della scuola con quello della ricerca universitaria. Il progetto, cresciuto nel corso degli anni, va oggi oltre la semplice divulgazione delle più note applicazioni scientifiche, con l’obiettivo di mettere in risalto l’importanza di coltivare una mentalità scientifica in relazione ai numerosi diversi ambiti.

Erano presenti all’inaugurazione i Rettori degli atenei toscani, Angelo Riccaboni di Siena, Mario Augello di Pisa, Alberto Tesi di Firenze e Rosa De Pasquale, dirigente dell’ufficio scolastico regionale per la Toscana.

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Incontro “Mai più precari nella scuola”: Un atto di indirizzo e un contributo al documento del Governo, per il riassorbimento del precariato

Un atto d’indirizzo attraverso una proposta di risoluzione e un contributo al documento del Governo che puntino al riassorbimento del precariato, un problema ‘atavico’ del sistema scolastico italiano che dobbiamo affrontare e risolvere una volta per tutte.

Sono gli obiettivi che lanciato ieri pomeriggio – lunedì 27 ottobre a Palazzo Bastogi – in occasione di Mai più precari nella scuola, l’incontro “di Ascolto e Confronto sulla realtà del precariato nella Scuola Toscana”, organizzato dal gruppo consiliare Pd Regione Toscana.

Sia l’atto di indirizzo che i contributi al lavoro del Governo, su cui andremo a lavorare, si baseranno su un confronto diretto con chi vive sulla propria pelle il problema del precariato: saranno frutto di una sorta di consultazione diretta che si è concretizzata in un momento di discussione importante come quello di oggi. L’Italia è a rischio di una sanzione comunitaria per aver abusato di contratti a tempo determinato nella scuola: il precariato deve essere ormai assorbito, seppur in modo diversificato, per garantire continuità e certezze al sistema scuola. È una questione annosa che riguarda sia il corpo docente che quello non docente, come nel caso del personale Ata, anche questo un problema a cui bisogna mettere mano con urgenza.

L’incontro si è aperto con i saluti di Ivan Ferrucci, capogruppo PD Consiglio regionale della Toscana; a seguire gli interventi di tanti precari del mondo della scuola, in particolare le due relazioni a cura del Coordinamento precari, una di Nicola Iannalfo (“L’assorbimento del precariato”) e l’altra di Bernardo Croci (“Nuove norme per il reclutamento nella scuola”), di Maria Grazia Rocchi, deputata Pd, Emmanuele Bobbio, assessore regionale Istruzione e Formazione; hanno preso parte all’iniziativa anche rappresentanti delle organizzazioni sindacali della scuola Cgil, Cisl, Uil, Gilda, Snals, Cobas, Noi Scuola, dirigenti scolastici e docenti, Rosa Maria Di Giorgi, senatrice Pd, Gianluca Parrini, consigliere regionale Pd e presidente V commissione, Lucia Matergi, consigliera regionale Pd.

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Presentazione del progetto “Alternanza scuola – lavoro”, un percorso per gli studenti delle scuole superiori. Ecco il video

Video-progetto “Alternanza scuola-lavoro”: un percorso, rivolto agli studenti delle scuole superiori, per l’anno scolastico 2014/2015, e che valorizza l’aspetto formativo dell’apprendimento in una situazione lavorativa. E’ una convenzione stipulata dal 2009 tra il Consiglio regionale e l’Ufficio scolastico della Toscana. Guarda il video…

Il mio intervento al Convegno: “Terzo settore e nuovi scenari: identità, partecipazione, rete”

La domanda di fondo a cui questa interessante ricerca  prova a dare delle risposte è: “Come reagiscono le autonomie sociali ai cambiamenti nella riorganizzazione del sistema sociosanitario causati dalla crisi economica?”

Probabilmente è una domanda che non solo le autonomie sociali dovrebbero porsi….è una domanda che coinvolge tutta la società italiana, le sue istituzioni, i cosìdetti corpi intermedi, il sistema imprenditoriale e così via.

E’ una domanda fondamentale per potersi proiettare nel futuro in modo non casuale o, comunque, non ripercorrendo strade già battute.

Per questo credo che sia veramente una pregevole iniziativa questa del COPAS, in collaborazione con Agenzia Regionale di Sanità, di svolgere una ricerca qualitativa, dove si è privilegiato l’approfondimento e l’analisi con i soggetti che vivono quotidianamente sulla loro pelle i problemi che la crisi economica ha determinato nel tessuto vivo della realtà toscana.

La ricerca si inserisce pienamente dentro i compiti istituzionali della COPAS e prevista dalla nuova normativa – la LR 21 del 15 Aprile 2014 – dove prevede che “La Conferenza, per la propria attività di ricerca e studio, può avvalersi…della collaborazione delle università.., dell’IRPET e dell’Agenzia regionale di Sanità (ARS)”.

Ora, aldilà di questo aspetto più tecnico, e per entrare nel merito delle questioni,  mi sembra di capire che i contenuti di questo lavoro però mettano anche il Consiglio Regionale davanti a delle nuove responsabilità legislative o, comunque, di ridefinizione delle identità delle istituzioni e degli organismi, a partire dallo stesso COPAS.

Come dicevo il Consiglio Regionale è intervenuto recentemente sulla vostra legge istitutiva, ne ha ridotto i componenti, ha cercato di rafforzare alcune funzioni.

Ciononostante sarà di grande importanza capire se verrà fatto proprio da questo seminario, quanto scritto a pagina 36 della ricerca. In sostanza si rivendica una la definizione di una COPAS “..come luogo in cui ridefinire chi-fa-cosa.”

E si prosegue scrivendo:  “ Il chi-fa-cosa è il cuore della questione delle identità, che a sua volta….deve diventare il punto di partenza di ogni nuovo ragionamento sulla ridefinizione di un sistema sociosanitario che coinvolga le Autonomie sociali.”

Una COPAS, quindi,  molto più orientata agli aspetti sostanziali che a quelli formali e burocratici dell’espressione di pareri sugli atti regionali. Un organismo, infine, vero luogo di partecipazione, che poi è uno dei temi centrali del vostro lavoro e del seminario di oggi. Il tema, cioè, di come rendere la partecipazione efficace ed effettivamente generatrice di percorsi virtuosi e poi di decisioni.

Per molti anni si è fatta anche molta retorica sui temi del terzo settore, del volontariato, della sussidiarietà orizzontale. La crisi che viviamo, tra i tantissimi problemi che genera, ci impone  però di rendere tutto ciò che non è veramente essenziale, tutto ciò che non è veramente vicino ai bisogni delle persone, assolutamente inadeguato, imponendoci di leggere la realtà con occhi nuovi ed analisi approfondite. Per questo sarà estremamente importante comprendere i contenuti dei quattro temi principali attraverso cui il mondo della Autonomie Sociali toscane legge il cambiamento in atto: la questione dei bisogni, dove emerge prorompente, il tema della solitudine; il meccanismo economicista che antepone il valore economico e del risparmio a quello dell’inclusività sociale; la spinta a fare rete, che però sappiamo non è assolutamente di facile attuazione. E’ però avvertita l’esigenza di far nascere una nuova comune progettualità attraverso la condivisione delle risorse organizzative e con un ruolo più propositivo delle istituzioni pubbliche nel creare le situazioni e gli strumenti per aiutare l’aggregazione; la questione delle valutazioni e dei controlli che, se giusti da un punto di vista formale, non devono essere svolti in modo da determinare ulteriori appesantimenti burocratici.

Molto correttamente avete proposto con la mattinata di oggi un seminario organizzato in tavoli di lavoro e di partecipazione, da cui possono emergere delle proposte. Sono certa che questo oggi sarà fatto è potrà diventare un patrimonio per tutto il Consiglio Regionale. Ho visto che proprio l’ultima proposta in tema di partecipazione è quella di rendere questi luoghi più determinanti. L’assenza, ad oggi, dei decisori politico/istituzionali fa perdere di interesse questi tavoli. Quindi, per  essere concreti e operativi, nel rispetto delle prerogative che la stessa LR 21/2014, vi chiedo di poter continuare questo confronto con l’Ufficio di Presidenza del Consiglio Regionale, con il Consiglio e la Commissione di riferimento, proprio al fine di dare continuità e concretezza al vostro impegno. Sappiate che avrete in me nell’Ufficio di Presidenza e nel Consiglio l’attenzione e l’interessamento a quanto di nuovo potrà emergere da questa mattinata.

Vi ringrazio per l’attenzione e vi auguro buon lavoro.

 

 

In ricordo di Mara Baronti, il mio intervento durante il Consiglio Regionale del 23 settembre

Gentile Presidente, colleghe e colleghi consiglieri,

dopo una lunga malattia ci ha lasciato Mara Baronti. La ricordiamo qui, oggi, con grande emozione e affetto perché è stata, da presidente della Commissione per le pari opportunità, una donna protagonista di questa istituzione. Mi riferisco al contributo dato all’elaborazione del nuovo statuto della Regione, e alle tante iniziative che la Commissione per le pari opportunità ha assunto durante la sua presidenza, dal 1996 al 2005, interpretando e ricostruendo con originalità e grande qualità la linea di scorrimento tra istituzioni e movimento delle donne. Penso che faremo bene di qui a poco a tornare sulla sua esperienza, in occasione del nostro appuntamento annuale del Premio Pieroni Bortolotti dedicandole una sessione della giornata.

Eppure, Mara Baronti è stata ed è nel nostro ricordo molto di più di questo.

Non posso ricostruire qui il pensiero, la determinazione e la dolcezza di questa donna, amica e compagna mia e di tante donne e uomini che anche qui sono presenti. Me lo impedisce il fatto che troppo vicino e vivo è il ricordo del suo sorriso, accogliente, avvolgente, che sapeva concederci anche nei momenti più difficili e dolorosi della sua esistenza. Ho visto Mara l’ultima volta a giugno, e mi ha stupito ancora una volta per la sua inesauribile dolcezza e il coraggio e la determinazione con cui affrontava la vita nonostante le avversità. Continuò fino all’ultimo il suo impegno civile e sociale quando scrisse una lettera al Presidente Rossi per salvare la Breda.

Perché con lei le cose andavano sempre così: il rigore dell’argomentazione, e anche la severità del giudizio, non si trasformavano mai in senso di superiorità intellettuale (che pure, a ragione, poteva reclamare), ma si confondevano in una dimensione umana straordinaria, lasciando spazio agli affetti, all’amicizia, alla comprensione.

Ecco perché, quando il ricordo va alla vita vissuta nella passione politica e civile, e cerchiamo di richiamare le idee sostenute, e diciamo dell’impegno di Mara per i diritti e la libertà delle donne, per l’autodeterminazione, contro le nuove schiavitù e contro la violenza sul corpo delle donne, per il valore dell’intercultura, per la rappresentanza di genere nelle istituzioni, ogni volta mettiamo insieme parole e concetti forti e capacità di relazione, l’essere partigiana delle donne e l’essere donna, la politica e la vita. Così è stata, per me, Mara ogni volta – e sono state tante le volte – che le nostre vite, le nostre esperienze, si sono incontrate.

Dovunque è stata ha lasciato un segno della sua presenza. Lo sanno bene le donne del Giardino dei Ciliegi, l’associazione di cui è stata fondatrice e fino all’ultimo presidente, un luogo in cui ha lavorato per contribuire a cambiare una pratica politica, le relazioni umane dove si sono costruite intrecci tra donne, associazioni, istituzioni e tra culture, scritture ed espressioni artistiche fino a progetti sociali come le adozioni. Ma anche l’intercultura, la pace, sulla qualità del vivere urbano, sui testi femminili di culture differenti.  Un po’ la storia del Giardino è la storia di Mara, e lì dentro c’è una casa delle idee che è la casa di Mara, eppure non l’unica. Perché Mara ha vissuto fino in fondo il legame familiare, il senso di appartenenza con la storia dei suoi cari, il padre, venuto a mancare recentemente, la madre il fratello, il suo compagno Claudio, gli amici e le amiche, i compagni e le compagne di partito. Politica e vita, sfera pubblica e sfera privata, “senza ossessive forzose e fittizie separazioni”, come diceva Mara delle intuizioni di Rosa Luxemburg.

L’omaggio che oggi le rivolgiamo con questo breve ricordo è il riconoscimento di queste feconde intuizioni, che fanno di Mara certamente una donna delle istituzioni ma anche dei movimenti, una donna che nelle istituzioni ha saputo portare il senso profondo della sua vita. Di questo, credo, dobbiamo esserle grati.

Risuonano nella mente le parole di una lettera di Rosa Luxemburg a Sonja Liebknecht, che Mara aveva voluto riprendere in un suo scritto: “Così è la vita e così bisogna prenderla, coraggiosamente, intrepidamente e sorridendo, nonostante tutto”.

Sempre Rosa Luxemburg a Sonja Liebknecht: “E’ la vita che è così…Bisogna saperla prendere nel suo insieme, senza togliervi niente, e trovare un senso e una bellezza in tutto ciò che offre. Almeno è quello che io faccio…non vorrei cancellare nulla della vita e non desidererei che nulla di ciò che vi è stato fosse cambiato”.

Queste parole dedico a Mara con profonda gratitudine.

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Intervento in Consiglio regionale in occasione della discussione generale sulla legge elettorale

Questa è una legge importante. È la legge che decide su come si esercita il diritto di voto, che tutti dovremmo volere libero e uguale. Aggiungo io: chiaro e inequivocabile.

 Tutti i cittadini devono avere le stesse possibilità. Tutte le forze politiche devono essere messe su un piano di uguaglianza. Questa non è una posizione di parte, non è né una posizione di sinistra né una posizione di destra. È una posizione che fa appello ai principi fondanti della nostra Repubblica: rappresentatività del corpo elettorale, governabilità delle istituzioni, uguaglianza delle posizioni dei cittadini, delle forze politiche, dei candidati nel confronto elettorale. Negli anni passati, diversi sistemi elettorali hanno violato questi principi, e infine è giunta una sentenza della Corte Costituzionale che ha richiamato il legislatore al rispetto di questi valori. Il richiamo vale anche per noi.

Oggi siamo chiamati a dare il nostro voto e ad esprimere la nostra responsabilità. Le elettrici e gli elettori ci guardano, vedono cosa facciamo, il voto che diamo. Si aspettano di vedersi restituito pienamente il diritto di decidere chi li deve rappresentare e chi deve governare la Toscana. Se faremo questo, riconosceranno il merito non a questo o a quello ma a ciascuno di noi. Se faremo una cattiva legge, o se faremo una legge ad alto rischio di costituzionalità, prima ci criticheranno, poi si rivolgeranno ai giudici. Noi possiamo scegliere. Noi possiamo evitare di mettere la Toscana nel rischio della confusione istituzionale.

 Le leggi elettorali non sono perfette, c’è sempre qualcosa che non va. Ognuno di noi ha maturato un’idea sul sistema elettorale migliore, e su come realizzare al meglio i principi repubblicani di cui parlavo. Però, il confronto sui sistemi elettorali, e anche la mediazione necessaria tra diverse soluzioni che sono considerate più idonee a rispondere alla conformazione dei partiti, alle loro dinamiche e alla loro tradizione, non può mettere in discussione quei principi, poiché essi appartengono alla Repubblica, cioè ai cittadini, e sono a noi indisponibili. Noi possiamo decidere, mediare, fare accordi, ma solo su quello che ci è disponibile, perché non siamo i padroni ma i servitori della Repubblica.

 Nella nostra disponibilità c’è certamente il modello di elezione. Fatta questa scelta, dobbiamo avere l’assillo di rispettare quei principi, perché in ogni concreta legge sulle elezioni – ci è stato insegnato – il diavolo sta nei particolari. E così come avremmo dovuto avere massima cura nel rispetto dei principi, se avessimo deciso di costruire un sistema elettorale fondato sul collegio uninominale, allo stesso modo dobbiamo avere massima cura quando ci accingiamo a votare una legge fondata sul voto di preferenza, come avviene oggi, dopo una decisione assunta con faticosa mediazione tra le varie opinioni in campo.

Dunque, puntiamo sul voto di preferenza e su liste plurinominali in circoscrizioni piccole. Su questa scelta abbiamo innestato, nel corso di due anni di lavoro comune, altre importanti scelte, come il premio di governabilità, abbinato al doppio turno per l’elezione del Presidente della Giunta regionale, l’attuazione del principio della parità di genere, il voto di preferenza facilitato grazie ai nomi delle candidate e dei candidati stampati sulla scheda. Ognuna di queste scelte rispetta i principi di uguaglianza del voto, di uguaglianza delle forze politiche in competizione, di garanzia della governabilità. Anzi, devo dire che li può realizzare al meglio, rendendo la scelta forte e costituzionalmente salda. Attribuisco il merito di queste scelte a tutti noi: a quelli che le hanno proposte, a quelli che le hanno accettate, a quelli che non si sono opposti.

 Il problema c’è quando, come avviene nella proposta di legge alla nostra attenzione, si toccano due questioni estremamente delicate: la riproposizione di una lista bloccata abbinata ad altra lista con preferenza, e le soglie di sbarramento alte, differenziate e escludenti. Qui i principi entrano drammaticamente in crisi. Il voto delle elettrici e degli elettori diventa diseguale; la posizione di parità delle forze politiche in campo è messa pesantemente in discussione. Gli effetti paradossali, e perciò incostituzionali, sono davanti agli occhi di tutti. Ed è un po’ strano (diciamo così) che si sia sottovalutato il parere giuridico degli uffici del Consiglio regionale, quando sul listino bloccato facoltativo recita: “In tal modo, si determinerà quindi un diverso peso dei voiti di preferenza tra una lista e un’altra, cosa che si presta certamente ad essere contestata in sede di controllo di costituzionalità”. Raramente ricordo un parere così netto. Siamo davanti a elettori che non determineranno tutti gli eletti, e a forze politiche che rischiano di essere escluse dalla rappresentanza a vantaggio di altre, pur avendo conseguito importanti e maggiori consensi. Fino ai paradossi estremi di candidati eletti nella lista bloccata regionale magari bocciati dagli elettori in quella con preferenze, e di forze politiche che complessivamente raggiungono il 9,9 per cento senza poter rappresentare in consiglio centinaia di migliaia di elettori. Se nel passato c’è stata scarsa attenzione a questi aspetti, e se nel presente altrove non si fa, non possiamo per questo autoassolverci. Oggi siamo noi a decidere.

 Ricordo che in questo Consiglio regionale, nel marzo scorso, fu votato un ordine del giorno fortemente critico sulla riforma elettorale nazionale, che non si faceva carico – si disse – proprio dei problemi che qui richiamo. Anch’io votai quel documento, anche se non l’avevo presentato. E non l’avevo presentato perché mi sembrava strano criticare Roma senza aver risolto gli stessi problemi in casa nostra. Mi aspetterei oggi una maggiore coerenza.

 Il mio invito è questo: mettiamo da parte le esigenze di parte, torniamo ai principi che, sono sicura, condividete con me, e diamo insieme alla Toscana una legge elettorale coerente, salda, costituzionale.

Chi verrà dopo di noi in questo Consiglio sia dunque l’espressione genuina del nostro popolo e dei nostri partiti, frutto di coalizioni vere, fatte per convinzione e non per convenienza, e di rappresentanza di orientamenti tutti meritevoli, per consenso uguale, di costruire la Regione del futuro. Diamo alla Toscana la legge elettorale che merita.

 C’è un problema politico, per molti di noi. Non lo nascondo, è chiaro a tutti. La legge di cui discutiamo è frutto di due azioni: un’azione comune svolta nel Gruppo di lavoro del Consiglio regionale, che la legge assume; e un accordo che sui due punti essenziali che ho richiamato va oltre, rappresentando un altro approdo, un’altra mediazione.

 Noi possiamo dire: “E così sia”. Oppure possiamo ricordare a noi stessi che il Gruppo di lavoro lo facemmo proprio per evitare accordi limitanti, e per metterci tutti sullo stesso piano. Con una forza consiliare diversa, certo, da tenere in alta considerazione, ma tutti sullo stesso piano istituzionale. Non dicemmo: sia la maggioranza a presentare una proposta di legge e ad affrontare il confronto con le minoranze. Dicemmo: proviamo a parlare tutti insieme, ad approfondire, e a vedere se raggiungiamo un’intesa larga, la più larga possibile tra i gruppi consiliari. Questo programma è venuto meno proprio quando eravamo in dirittura d’arrivo. Dovremmo invece, riprenderlo, e perciò tenere in considerazione la lettera la lettera inviata ieri proprio dai consiglieri Magnolfi, Del Carlo, Donzelli, Sgherri, Romanelli e Chincarini che ci chiedono un ultimo sforzo per migliorare la proposta che discutiamo.

 Sono convinta che le colleghe e i colleghi del mio gruppo, o comunque la maggior parte di loro, riconoscono il buon diritto di sostenere posizioni diverse, su questioni di così rilevante interesse per l’istituzione e per l’attuazione dei principi che ho richiamato. Perciò, insieme ad altre consigliere e consiglieri, abbiamo presentato alla vostra attenzione pochi essenziali emendamenti al testo in discussione.

 Vi dico questo non certo per sollevare qui – nell’istituzione – questioni che attengono alla dialettica dei partiti. Vi dico questo perché tutti noi siamo nella stessa identica posizione, ad ognuno di noi spetta di sciogliere il suo dilemma, ed io sento il dovere – più ancora che il diritto – di farlo secondo le mie convinzioni, maturate in un dialogo politico e tecnico di due anni di lavoro comune. Ognuno di noi, nessuno escluso, racconterà domani ai cittadini di come ha sciolto il suo dilemma. Questo è, se volete, il grande pregio della democrazia, la forza stessa delle istituzioni democratiche.

In occasione della discussione sulla legge elettorale

Intervento in Consiglio regionale in occasione della discussione generale sulla legge elettorale

Daniela Lastri

Questa è una legge importante. È la legge che decide su come si esercita il diritto di voto, che tutti dovremmo volere libero e uguale. Aggiungo io: chiaro e inequivocabile.

Tutti i cittadini devono avere le stesse possibilità. Tutte le forze politiche devono essere messe su un piano di uguaglianza. Questa non è una posizione di parte, non è né una posizione di sinistra né una posizione di destra. È una posizione che fa appello ai principi fondanti della nostra Repubblica: rappresentatività del corpo elettorale, governabilità delle istituzioni, uguaglianza delle posizioni dei cittadini, delle forze politiche, dei candidati nel confronto elettorale. Negli anni passati, diversi sistemi elettorali hanno violato questi principi, e infine è giunta una sentenza della Corte Costituzionale che ha richiamato il legislatore al rispetto di questi valori. Il richiamo vale anche per noi.

Oggi siamo chiamati a dare il nostro voto e ad esprimere la nostra responsabilità. Le elettrici e gli elettori ci guardano, vedono cosa facciamo, il voto che diamo. Si aspettano di vedersi restituito pienamente il diritto di decidere chi li deve rappresentare e chi deve governare la Toscana. Se faremo questo, riconosceranno il merito non a questo o a quello ma a ciascuno di noi. Se faremo una cattiva legge, o se faremo una legge ad alto rischio di costituzionalità, prima ci criticheranno, poi si rivolgeranno ai giudici. Noi possiamo scegliere. Noi possiamo evitare di mettere la Toscana nel rischio della confusione istituzionale.

Le leggi elettorali non sono perfette, c’è sempre qualcosa che non va. Ognuno di noi ha maturato un’idea sul sistema elettorale migliore, e su come realizzare al meglio i principi repubblicani di cui parlavo. Però, il confronto sui sistemi elettorali, e anche la mediazione necessaria tra diverse soluzioni che sono considerate più idonee a rispondere alla conformazione dei partiti, alle loro dinamiche e alla loro tradizione, non può mettere in discussione quei principi, poiché essi appartengono alla Repubblica, cioè ai cittadini, e sono a noi indisponibiliNoi possiamo decidere, mediare, fare accordi, ma solo su quello che ci è disponibile, perché non siamo i padroni ma i servitori della Repubblica.

Nella nostra disponibilità c’è certamente il modello di elezione. Fatta questa scelta, dobbiamo avere l’assillo di rispettare quei principi, perché in ogni concreta legge sulle elezioni – ci è stato insegnato – il diavolo sta nei particolari. E così come avremmo dovuto avere massima cura nel rispetto dei principi, se avessimo deciso di costruire un sistema elettorale fondato sul collegio uninominale, allo stesso modo dobbiamo avere massima cura quando ci accingiamo a votare una legge fondata sul voto di preferenza, come avviene oggi, dopo una decisione assunta con faticosa mediazione tra le varie opinioni in campo.

Dunque, puntiamo sul voto di preferenza e su liste plurinominali in circoscrizioni piccole. Su questa scelta abbiamo innestato, nel corso di due anni di lavoro comune, altre importanti scelte, come il premio di governabilità, abbinato al doppio turno per l’elezione del Presidente della Giunta regionale, l’attuazione del principio della parità di genere, il voto di preferenza facilitato grazie ai nomi delle candidate e dei candidati stampati sulla scheda. Ognuna di queste scelte rispetta i principi di uguaglianza del voto, di uguaglianza delle forze politiche in competizione, di garanzia della governabilità. Anzi, devo dire che li può realizzare al meglio, rendendo la scelta forte e costituzionalmente salda. Attribuisco il merito di queste scelte a tutti noi: a quelli che le hanno proposte, a quelli che le hanno accettate, a quelli che non si sono opposti.

Il problema c’è quando, come avviene nella proposta di legge alla nostra attenzione, si toccano due questioni estremamente delicate: la riproposizione di una lista bloccata abbinata ad altra lista con preferenza, e le soglie di sbarramento alte, differenziate e escludenti. Qui i principi entrano drammaticamente in crisi. Il voto delle elettrici e degli elettori diventa diseguale; la posizione di parità delle forze politiche in campo è messa pesantemente in discussione. Gli effetti paradossali, e perciò incostituzionali, sono davanti agli occhi di tutti. Ed è un po’ strano (diciamo così) che si sia sottovalutato il parere giuridico degli uffici del Consiglio regionale, quando sul listino bloccato facoltativo recita: “In tal modo, si determinerà quindi un diverso peso dei voiti di preferenza tra una lista e un’altra, cosa che si presta certamente ad essere contestata in sede di controllo di costituzionalità”. Raramente ricordo un parere così netto. Siamo davanti a elettori che non determineranno tutti gli eletti, e a forze politiche che rischiano di essere escluse dalla rappresentanza a vantaggio di altre, pur avendo conseguito importanti e maggiori consensi. Fino ai paradossi estremi di candidati eletti nella lista bloccata regionale magari bocciati dagli elettori in quella con preferenze, e di forze politiche che complessivamente raggiungono il 9,9 per cento senza poter rappresentare in consiglio centinaia di migliaia di elettori. Se nel passato c’è stata scarsa attenzione a questi aspetti, e se nel presente altrove non si fa, non possiamo per questo autoassolverci. Oggi siamo noi a decidere.

Ricordo che in questo Consiglio regionale, nel marzo scorso, fu votato un ordine del giorno fortemente critico sulla riforma elettorale nazionale, che non si faceva carico – si disse – proprio dei problemi che qui richiamo. Anch’io votai quel documento, anche se non l’avevo presentato. E non l’avevo presentato perché mi sembrava strano criticare Roma senza aver risolto gli stessi problemi in casa nostra. Mi aspetterei oggi una maggiore coerenza.

Il mio invito è questo: mettiamo da parte le esigenze di parte, torniamo ai principi che, sono sicura, condividete con me, e diamo insieme alla Toscana una legge elettorale coerente, salda, costituzionale.

Chi verrà dopo di noi in questo Consiglio sia dunque l’espressione genuina del nostro popolo e dei nostri partiti, frutto di coalizioni vere, fatte per convinzione e non per convenienza, e di rappresentanza di orientamenti tutti meritevoli, per consenso uguale, di costruire la Regione del futuro. Diamo alla Toscana la legge elettorale che merita.

C’è un problema politico, per molti di noi. Non lo nascondo, è chiaro a tutti. La legge di cui discutiamo è frutto di due azioni: un’azione comune svolta nel Gruppo di lavoro del Consiglio regionale, che la legge assume; e un accordo che sui due punti essenziali che ho richiamato va oltre, rappresentando un altro approdo, un’altra mediazione.

Noi possiamo dire: “E così sia”. Oppure possiamo ricordare a noi stessi che il Gruppo di lavoro lo facemmo proprio per evitare accordi limitanti, e per metterci tutti sullo stesso piano. Con una forza consiliare diversa, certo, da tenere in alta considerazione, ma tutti sullo stesso piano istituzionale. Non dicemmo: sia la maggioranza a presentare una proposta di legge e ad affrontare il confronto con le minoranze. Dicemmo: proviamo a parlare tutti insieme, ad approfondire, e a vedere se raggiungiamo un’intesa larga, la più larga possibile tra i gruppi consiliari. Questo programma è venuto meno proprio quando eravamo in dirittura d’arrivo. Dovremmo invece, riprenderlo, e perciò tenere in considerazione la lettera la lettera inviata ieri proprio dai consiglieri Magnolfi, Del Carlo, Donzelli, Sgherri, Romanelli e Chincarini che ci chiedono un ultimo sforzo per miogliorare la proposta che discutiamo.

Sono convinta che le colleghe e i colleghi del mio gruppo, o comunque la maggior parte di loro, riconoscono il buon diritto di sostenere posizioni diverse, su questioni di così rilevante interesse per l’istituzione e per l’attuazione dei principi che ho richiamato. Perciò, insieme ad altre consigliere e consiglieri, abbiamo presentato alla vostra attenzione pochi essenziali emendamenti al testo in discussione.

Vi dico questo non certo per sollevare qui – nell’istituzione – questioni che attengono alla dialettica dei partiti. Vi dico questo perché tutti noi siamo nella stessa identica posizione, ad ognuno di noi spetta di sciogliere il suo dilemma, ed io sento il dovere – più ancora che il diritto – di farlo secondo le mie convinzioni, maturate in un dialogo politico e tecnico di due anni di lavoro comune. Ognuno di noi, nessuno escluso, racconterà domani ai cittadini di come ha sciolto il suo dilemma. Questo è, se volete, il grande pregio della democrazia, la forza stessa delle istituzioni democratiche.

Firenze, 10 settembre 2014

Il Gruppo di lavoro sulla legge elettorale

Il Gruppo di lavoro del Consiglio regionale sulla legge elettorale: Comunicazione al Consiglio 

Daniela Lastri

Gentile Presidente, colleghe e colleghi consiglieri,

con la seduta del 23 luglio 2014 si è conclusa l’attività del Gruppo di lavoro sulla riforma elettorale, di cui sono stata coordinatrice.

Voglio qui anzitutto ringraziare tutte le colleghe consigliere e i colleghi consiglieri che a vario titolo vi hanno partecipato, il Segretario del Consiglio regionale e tutti i funzionari del Consiglio e dell’Osservatorio elettorale della Giunta, che hanno assicurato il loro prezioso supporto, con la professionalità e la competenza che erano richieste.

L’8 agosto ho consegnato la relazione sull’attività del Gruppo di lavoro, adempiendo a una espressa richiesta dei componenti del Gruppo stesso. Credo che i materiali saranno pubblicati, del resto costituiscono attività istituzionale di primaria rilevanza.

La relazione è stata trasmessa a ciascuno di voi, e ciò mi consente di presentarla in modo sintetico, anche perché oggi è, infine, all’esame e al  voto del Consiglio le varie proposte di legge presentate in questi anni e in queste ultime settimane, tra cui la proposta di legge 348, che ha ricevuto il voto favorevole della Commissione consiliare competente, la Commissione Affari istituzionali. Questa proposta, come tutti sappiamo e per le ragioni che emergeranno nel corso del dibattito che da qui a poco svolgeremo, non  è sottoscritta dalla maggioranza dei componenti del Gruppo di lavoro, e tuttavia sarebbe ingeneroso – verso i consiglieri presentatori ma soprattutto verso l’attività del Gruppo di lavoro – non rilevare che essa raccoglie alcune importanti indicazioni e gli approdi emersi nel corso di due anni di discussioni e approfondimenti, risolvendo invece in altro modo alcuni passaggi chiave. Considero aspetti condivisi l’attuazione del principio della parità di genere, il voto di preferenza agevolato donna-uomo, le liste plurinominali in circoscrizioni piccole, il premio di governabilità collegato al doppio turno per l’elezione del Presidente della Giunta regionale in caso di mancata elezione con più del 40%. Punti importanti di contatto tra le diverse opzioni in campo, che sono un patrimonio da non sottovalutare.

Quando cominciò questo lavoro, ebbi modo di invitare tutti a fare discussioni nel merito, anche mettendo nel conto di cambiare in corso d’opera le proprie convinzioni iniziali a seguito del confronto con gli altri. L’obiettivo, dicevo, era di dare alla Toscana una buona legge, nella quale, al di là degli interessi particolari, si costruissero le condizioni per una competizione vera, trasparente, efficace. Questo è stato, a mio giudizio, l’effettivo svolgimento delle cose: la progressiva enucleazione delle scelte fondamentali maggiormente condivise, nelle quali ciascuno, compresa la sottoscritta coordinatrice, ha dato il proprio contributo in situazione di parità, cedendo qualcosa delle proprie posizioni originarie in vista dell’obiettivo comune, cercando di convincere gli altri nel merito, e prendendo atto delle soluzioni e dei suggerimenti tecnici e del formarsi di opinioni maggioritarie, anche in considerazione del sostegno che avrebbero avuto queste posizioni in Consiglio.

Resto convinta che il gruppo di lavoro era ormai in grado di pervenire a un testo base largamente condiviso che, per come era stato costruito, avrebbe consentito a tutti di riconoscere, nel voto finale del Consiglio, il contributo dato da ciascuno. Questo esito, mi auguro, non è ancora precluso.

Nella mia relazione, ho raggruppato l’attività del Gruppo di lavoro in tre periodi:

  • una prima fase preliminare-ideativa: si fissano obietti e metodo di lavoro, si studiano i materiali selezionati, si sollecitano i gruppi politici a elaborare proposte e documenti di orientamento;
  • una seconda fase istruttoria: si lavora sulle opzioni formulate dai gruppi politici, se ne verifica la fattibilità, e infine si predispone – tra fine luglio e inizi agosto 2013 – un atto di indirizzo del gruppo. L’atto di indirizzo è del 9 agosto 2013 ed è approvato da tutti, ad eccezione del rappresentante di F.I.;
  • infine la terza fase deliberativa, nella quale si prende a riferimento un testo di legge (testo PD del 30 gennaio 2014) e ci si lavora sopra.

Di ciascuna di queste fasi si dà conto nella relazione, evidenziando le posizioni emerse e il formarsi di orientamenti maggioritari.  Segnalo che il metodo adottato ha puntato a evitare pronunciamenti a colpi di maggioranza. In questo contesto, ho cercato di volta in volta di riassumere le questioni e di segnalare gli approdi che mi sembravano rappresentare punti di vista che avrebbero consentito di conseguire maggiori consensi. L’intenzione era di riservare infine alla fase effettivamente deliberativa il momento di espressione delle posizioni finali di ciascuno in condizioni di ascolto reciproco.

I lavori del Gruppo sono stati ovviamente condizionati, anche nei tempi, dalle influenze provenienti da un ambiente esterno particolarmente dinamico e in rapida evoluzione proprio su punti di strettissima attinenza con l’attività svolta, come le tornate elettorali, i cambi di leadership dei partiti, la formazione di nuovi gruppi consiliari, e soprattutto la fondamentale sentenza n. 1/2014 con la quale la Corte Costituzionale ha dichiarato l’incostituzionalità di alcune norme cardine del sistema elettorale del Parlamento nazionale.

La ovvia permeabilità del Gruppo rispetto ai fatti citati, unitamente alla complessità dell’impegno assunto, hanno fatto sì che il progredire dei lavori sia stato non solo inevitabilmente lungo, ma anche soggetto a frequenti cambi di velocità, a lunghe fasi di riflessione e attesa di esiti di eventi esterni rilevanti (es. esiti della commissione nazionale sulle riforme costituzionali e elettorali, sentenza della Corte Costituzionale sul cd. Porcellum), seguite poi da rapidi progressi, talvolta perduti o congelati a lungo, come è del tutto evidente possa accadere rispetto a un tema di così forte sensibilità politica. Ugualmente evidente è poi il costante sviluppo di relazioni politiche istituzionali ed extraistituzionali con le organizzazioni politiche esterne e di queste fra loro con tavoli paralleli e negoziati bilaterali, che tuttavia hanno sempre trovato nel Gruppo di lavoro il naturale centro di gravità e il necessario contesto di rappresentazione formale.

Richiamo dalla mia relazione quelli che considero i tre momenti chiave che hanno contraddistinto l’attività del Gruppo:

a) l’adozione, il 9 agosto del 2013, del documento di indirizzo, cui non aderì solo il rappresentante del Pdl, sulla base di considerazioni che, tuttavia, sono state poi in gran parte recepite dal testo posto a base del lavoro del Gruppo il 30 gennaio 2014;

b) l’adozione del testo base, presentato dal presidente del gruppo del PD il 30 gennaio 2014, che sviluppa uno dei due modelli previsti nell’atto di indirizzo (voto di preferenza con liste circoscrizionali corte) e introduce le importanti novità del ballottaggio per l’elezione del Presidente della Giunta regionale e delle preferenze agevolate;

c) la presentazione, per iniziativa del presidente del gruppo del PD, di un nuovo testo nella seduta del 19 giugno 2014 (testo 13 giugno), nel quale si operano modifiche significative rispetto a quello in esame dal Gruppo, le principali delle quali sono le soglie d’accesso differenziate, la differenziazione del premio di maggioranza, l’introduzione del listino regionale facoltativo, la possibilità di presentare candidature plurime in tre circoscrizioni, la riduzione del numero delle firme necessarie per la presentazione. Dalla relazione è possibile ricavare quali di queste modifiche raccoglievano indicazioni sostenute da componenti del Gruppo, quali avevano visto una espressione nettamente sfavorevole, e quali avevano il carattere dell’assoluta novità.

La relazione dà conto del dibattito che si è sviluppato nel Gruppo su questi passaggi chiave. Chiaramente, il dibattito sul testo presentato il 19 giugno assume una rilevanza decisiva. Nella relazione si dà conto sia del vivace dibattito che si svolse nella seduta del 19 giugno, sia delle riflessioni svolte nella seduta successiva del 14 luglio intorno alle note giuridiche elaborate sui punti più spinosi (listino bloccato regionale e soglie di sbarramento differenziate), sia della ricognizione conclusiva, da me fatta nella seduta del 21 luglio, nella quale si individuavano la persistenza solo di poche questioni ancora divisive, mentre l’impianto generale del testo risultava, a mio avviso, sufficientemente condiviso. Ricordo quella ricognizione:

  • nel merito della rappresentanza dei partiti minori nelle circoscrizioni più piccole, non esistevano, allo stato attuale, sistemi in grado di assicurala senza incorrere in esiti paradossali e ancor più negativi;
  • rispetto al listino bloccato facoltativo, presi atto del prevalere, all’interno del Gruppo di lavoro, di un giudizio di non positività, che dichiarai di condividere anche in qualità di Coordinatrice, assumendo le conclusioni delle note giuridiche agli atti che ne evidenziavano i manifesti profili di illegittimità costituzionale;
  • per quanto attiene alle soglie di sbarramento multiple, osservai che la nota giuridica trasmessa si esprimeva in termini problematici, facendo emergere l’opportunità di una soglia unica fissata in una quota percentuale ragionevole (ad esempio il 3%);
  • per quanto atteneva il tema delle firme a sostegno delle liste circoscrizionali, illustrai l’ipotesi di accompagnare la riduzione del 40% ad una parametrazione delle firme strettamente proporzionale alla popolazione residente nelle distinte circoscrizioni, e non per scaglioni, al fine di rendere omogeneo sul territorio lo sforzo per la loro raccolta e autenticazione.

A mio avviso, come ricordo nella relazione, il Gruppo avrebbe potuto convergere su un testo finale da rimettere al voto dell’aula entro la fine di luglio, affidando a quella sede anche l’esame di ordinari emendamenti al testo.

Infine, la relazione ricostruisce le ulteriori proposte formulate nel corso della seduta del 23 luglio dal presidente del gruppo del PD, derivanti da una mediazione, condotta al di fuori del Gruppo, e finalizzata ad acquisire il pieno sostegno di Forza Italia alla riforma della legge elettorale. Si tratta del momento conclusivo del lavoro del Gruppo, che determina una oggettiva separazione delle posizioni, resa infine esplicita con l’approvazione di un documento di sostegno al testo PD del 13 giugno, privato della norma sul listino regionale e modificato nella indicazione della soglia di sbarramento al 3%. All’approvazione di questo documento non parteciparono i rappresentanti del PD, di Forza Italia e di Toscana Civica TCR. Ovviamente, in considerazione della frattura del Gruppo di lavoro e dell’impossibilità di pervenire a una sintesi efficace, io mi sono astenuta sul documento votato.

I firmatari dell’intesa raggiunta fuori dal Gruppo di lavoro hanno poi trasfuso il testo nella pdl 348, oggi all’esame del Consiglio.

Questo, in poche parole, è il contenuto della relazione da me presentata.

Permettetemi solo una considerazione finale. Quando ho assunto il compito di coordinare il Gruppo di lavoro, l’ho fatto nella convinzione che il metodo prescelto fosse il migliore, e ho cercato di farmi carico delle esigenze di ognuno, e ancor più perché ero convinta che la legge elettorale regionale – per quanto inevitabilmente sottoposta a tensioni politiche – dovesse essere frutto di un lavoro comune. Per me lavoro comune significava soprattutto farsi carico, pur nella diversità delle opinioni, delle ragioni degli altri, cosicché anche nel voto finale, anche nell’espressione delle diversità, si potesse riconoscere il valore di quel lavoro, la capacità di stare nel merito, la volontà di raggiungere comunque un risultato per tutti importante. Speravo che le diversità, quando sarebbero giunte a manifestarsi, avrebbero testimoniato il reciproco riconoscimento di una tensione unitaria. Questo significava per me cercare di interpretare al meglio un ruolo dal carattere prettamente istituzionale.

Perciò, il sostanziale venir meno del progetto originario che diede vita al Gruppo di lavoro, è per me motivo di preoccupazione, poiché potrebbe confermare l’idea che organismi di questo tipo sono ormai superati da un incedere del dibattito politico molto difficile. Auspico che la discussione che ci apprestiamo a fare, e a cui parteciperò da semplice consigliera, tenga comunque conto, anche nelle relazioni tra le forze politiche, allo stesso modo sia dei punti di condivisione faticosamente raggiunti sia dei punti di contrasto, in un dibattito franco, fatto anche di espressioni di voto diverse, ma attento all’obiettivo comune di dare alla Toscana una buona legge elettorale.

Firenze, 9 settembre 2014

Catia Franci. Una protagonista della buona amministrazione e della bella politica

Introduzione di Daniela Lastri al seminario “Catia Franci e Franca Pieroni Bortolotti. La politica, i movimenti della donne, la storia. Firenze, 7 dicembre 2013.

Parliamo oggi di due donne. Una delle due, Catia Franci, ha voluto nel 1990 – con la Società delle Storiche – questo Premio intitolato all’altra, Franca Pieroni Bortolotti, intrecciando così passato presente e futuro in un luogo ideale, la narrazione della storia delle donne.

Catia Franci è, per tutte le donne, un simbolo della buona amministrazione e della bella politica. Lo è certo per me, che ho potuto conoscerla e incamminarmi sul sentiero che anche lei aveva tracciato. A vent’anni dalla sua scomparsa, oggi ne parliamo con lo spirito che lei avrebbe voluto, il tempo ci ha sottratto l’emozione più forte, e il discorso diventa riflessione mista a ricordo. Ricordiamo per riflettere. Parleremo di amministrazione e di politica, e di come Catia Franci le ha interpretate. Mescoleremo le cose, un po’ perché questa è stata una realtà nella vita di Catia Franci, un po’ perché l’amministrare – il misurarsi con il governo della cosa pubblica – è il riflesso di come si interpreta la politica. Dieci anni fa, nel 2004, il Comune di Firenze volle ricordare Catia Franci con un libro dedicato a lei, nel quale Sandra Landi, Francesca Arena, Anna Scattigno, Dario Ragazzini e Alessandro Adreani ne ricostruirono il profilo. Il libro (Con passione e con ragione. Catia Franci, donna e amministratrice) è una bella storia di un periodo della nostra città, vent’anni di passione civile e di politica attiva (1974-1993) che sono stati cruciali per molti di noi. A rileggerlo in questi giorni, quel libro ci dice anzitutto due cose: che gli anni più recenti hanno letteralmente rimosso, nella percezione pubblica, la qualità, le passioni e le ragioni della buona politica, fino a farle perdere senso; e che ogni buona politica, ogni esperienza di buon governo della cosa pubblica dimostra qualità se ha capacità di progettare il futuro. Se vi capita, scorrete quel libro, e vedrete come Catia Franci non era solo una donna del suo tempo, era una donna che sapeva pensare il futuro.

Lo dico per esperienza diretta. A me è capitato di assumere nel 1999 praticamente le stesse responsabilità di governo che ebbe Catia, e di riprendere il filo di un lavoro che, per quasi dieci anni, si era interrotto. Sono ripartita da lì, perché lì, in quello che aveva lei seminato copiosamente, c’erano già tutti i temi del mio presente. Certo, erano passati dieci anni, e per dieci anni si era galleggiato, ma le idee e i progetti di Catia erano fecondi, avevano gettato robuste fondamenta, potevano perciò essere ripresi, rafforzati, sviluppati. Così succede alla buona politica, e al buon governo che sa guardare al futuro: prima o poi il testimone qualcuno lo prende. Ciò per dire una cosa semplice. Anche in politica, anche nell’amministrazione, nel bene e nel male, bisogna saper vedere dove c’è continuità e dove c’è vero cambiamento, nelle cose, nei rapporti di potere, nelle relazioni tra le persone. Catia Franci è di quelli che hanno saputo costruire il vero cambiamento, o gettare le basi per realizzarlo. Firenze non sarebbe quella che è diventata senza il contributo di Catia Franci. E molti di noi non avrebbero fatto quel che hanno fatto se prima non ci fosse stata lei. Che dunque ha un posto tutto suo, conquistato sul campo, nella storia di questa città. Questo del resto dovrebbe essere, per chi fa politica, l’ambizione più grande, perfino al di là del ricordo personale. A raccontare oggi a una giovane donna come mai una sua coetanea, appena diventata maestra, lasci il suo lavoro, conquistato con impegno e sacrificio personale, un lavoro sicuro e che le piaceva, per diventare giovane funzionaria di partito, a raccontare che no, non l’aveva fatto per guadagnare di più né con la sicura prospettiva di diventare un amministratore pubblico (quello che poi sarebbe diventata solo anni dopo), so che farebbe fatica a credermi. Nella politica devastata di oggi quel gesto di dedizione pressoché integrale a un movimento politico (che peraltro considerava i compiti di governo di minore importanza rispetto alla militanza) sarebbe considerato certo un fatto incomprensibile. Avveniva però così, erano appena trent’anni che era nata la Repubblica, e i partiti erano strutture portanti della partecipazione civile e della vita attiva. Lì passava, anche per una giovane donna, l’aspirazione più forte al cambiamento. E forse, alla nostra giovane donna, sarebbe altrettanto indecifrabile il comportamento di Catia che, conclusa nel 1990 la sua esperienza di assessore al Comune di Firenze, decise infine di rinunciare a fare il funzionario di partito per affrontare l’incognita di un nuovo lavoro.

Per capire, non bisogna rinunciare ad approfondire. Bisogna avvicinarsi alla storia dei partiti con spirito più libero dalle ossessioni di oggi.

Catia Franci ha interpretato la politica nel senso più pieno, ma è stata ragazza e donna del suo tempo. A molte di noi dimostrò che le donne possono farsi valere anche nei luoghi tradizionali della politica, e anche assumendo ruoli di solito riservati agli uomini, senza perdere nulla della propria qualità di genere. Il suo percorso fu veramente originale. E infine vinse tutte le battaglie che fece. Con le armi della sua intelligenza e del suo spirito libero, impose nel partito la sua personalità, e delle donne fu riferimento sicuro, nel partito come nei movimenti. Qui, soprattutto nel corso del suo impegno istituzionale e di governo, dimostrò che era possibile ricostruire un rapporto tra le istituzioni e le espressioni della soggettività femminile, conquistando passo dopo passo, il riconoscimento che infine le fu dato, di essere lei il punto di riferimento più autorevole delle politica al femminile. Non fu un percorso semplice, e lei stessa cambiò qualcosa di sé, si misurò con il femminismo e con le donne che in quell’arcipelago di associazioni diffidavano dei partiti e delle istituzioni, dimostrando di essere uno dei dirigenti politici più moderni e innovativi. In poche parole, potrei riassumere così il suo impegno: conquistò uno spazio importante nel suo partito, conquistò le istituzioni alla politica di genere (le istituzioni sono sorde, diceva), conquistò il cuore delle donne che dalla politica e dalle istituzioni fino ad allora avevano ricevuto solo timidi riconoscimenti. Per riuscire in questa impresa, della quale poi tante di noi si sono giovate, mise in gioco la sua tradizione, con uno spirito di apertura, di ricerca, di innovazione culturale molto pronunciato. Eppure non negò mai la sua esperienza, la sua storia politica, le responsabilità che sentiva nel suo ruolo.Poteva scegliere strade più sicure, approcci tradizionali. Scelse invece di mettere in discussione quasi tutto. Quando chi fa politica si comporta così, ha molto da soffrire, deve battersi come un leone, e dimostrare ogni giorno di essere all’altezza. Ma gli esami, Catia, li superò tutti. Eppure ciò che dobbiamo portarci dietro è più il suo modo di fare politica che gli stessi risultati. È il come più che il cosa. L’elenco delle cose fatte dà conto solo in parte dell’impegno profuso. Perché le cose fatte vengono tutte da un lavoro intenso, dallo scontro anche con i suoi colleghi della giunta, ma soprattutto da idee profonde sul futuro della città, dalla voglia di rivoluzionare antiche certezze e dalla determinazione che ha sempre messo nella sua azione. Volle la delega al Progetto Donna, e poi lo costruì con mille azioni di governo e una partecipazione diffusa, attiva, propositiva. Volle la delega al Progetto Giovani, e da lì sono partite iniziative che sono durate negli anni. Fece dell’istruzione pubblica (e della qualità degli asili nido, a cui volle restituire tutta la qualità educativa e di tutela dei diritti dei bambini) un campo di sperimentazione di azioni innovative, misurandosi con successo anche con rilevanti problemi di riorganizzazione della macchina comunale. E intorno a sé volle esempi della pedagogia moderna, primi tra tutti Bruno Ciari e Franco Frabboni.

Molte cose di cui oggi si parla come se fossero scontate vengono da quella sua eccezionale esperienza.

Le politiche educative del comune di Firenze nei confronti degli adolescenti e dei giovani furono rivoluzionate. Gli asili nido e la scuola materna presero ad essere molto di più che un servizio sociale. I titoli di questo impegno a tutto campo sono noti. Progetto Donna e Progetto Giovani, ho detto. Comitato per l’inviolabilità del corpo femminile, Centro di prevenzione oncologica per le donne, Informadonna, Retravaiiler, Consiglio delle donne, Artemisia, Informaziovani, Progetto Zerosei, Centri di Interazione educativa (CIE), Coordinamento pedagogico, Archivio dei giovani artisti, Extra scuola, Progetto Ribes, Centro per la ricerca, la valutazione e la qualità dei processi di apprendimento-insegnamento nella scuola e extrascolastici, Progetto obiettivo Scuola-lavoro, Corsi di alfabetizzazione linguistica degli immigrati …

Nel libro del 2004 compare un appunto di Catia: “le donne sono affamate di tempo, le donne sono “trottole”. Il loro tempo è quello del “mentre”: mentre mi vesto preparo il caffè, alzo i bambini, tiro via il letto; mentre cucino riguardo i compiti dei ragazzi”. Anche il tempo di Catia è stato così; e mentre lei costruiva progetti, noi osservavamo, partecipavamo e imparavamo. La buona politica è anche questo, e vive degli esempi che le donne sanno dare. Mi ha fatto piacere parlare così di lei, e dirvi come è vivo il suo ricordo e il suo insegnamento.

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