Sessismo
10 marzo 2014 | ||
09:30 | a | 13:30 |
Il testo “Il sessismo nella lingua italiana” – uscito nel 1987 a cura della Commissione per la Pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri – ha rappresentato il punto di partenza di un grande dibattito sul legame tra le discriminazioni culturali e le discriminazioni semantiche.
Quella fu l’idea iniziale da cui partì la ricerca per modificare la lingua italiana in una lingua “ non sessista”.
A distanza di circa trent’anni la discussione è ancora estremamente attuale perché, oggi più di ieri, le forme dei linguaggi sono cambiate. Questo rende assolutamente necessario creare sensibilizzazione, conoscenza e, ove necessario, contrasto affinché tutte le forme di comunicazione e i comportamenti siano rispettosi delle differenze di genere.
Quest’iniziativa è un momento di riflessione per mettere in luce quanto ancora non risolto, per rendere evidenti le profonde contraddizioni che segnano la nostra società su questo fenomeno e, soprattutto, offrire strumenti per contrastarlo.
Introduzione
Daniela Lastri
Consigliera regionale, Ufficio di Presidenza
Intervengono
Irene Biemmi
Università di Firenze
Ripensare il linguaggio per superare gli stereotipi sessisti
Maria Grazia Campus
Canti di filastrocche della tradizione popolare
Daniela Morozzi
Attrice
Letture di brani tratti da testi scolastici
Stefano Ciccone
Presidente dell’Associazione
e Rete nazionale Maschile plurale
Linguaggi, ruoli e destini: è una questione di libertà.
Un punto di vista maschile
Kleoniki Valleri
Presidente
del Parlamento degli Studenti della Toscana
Questione di genere: il pensiero dei giovani
Vincenzo Guggino
Segretario Generale
dell’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria
L’uso dell’immagine femminile in pubblicità:
gli interventi dell’Autodisciplina
Rossella Pettinati
Presidente
Commissione Pari Opportunità – Regione Toscana
Cultura e buone pratiche contro il sessismo.
Nuovi spazi di cambiame
Per la democrazia paritaria
La democrazia al bivio. Democrazia paritaria – Oltre le quote rosa
13 ottobre 2012 – Auditorium del Consiglio Regionale – Introduzione di Daniela Lastri
Ringrazio tutti voi di essere qui presenti, e ringrazio il Presidente del Consiglio regionale e l’Ufficio di presidenza che hanno voluto promuovere questo convegno. E’ un momento di riflessione a cui teniamo particolarmente in vista di importanti decisioni che saremo presto chiamati a prendere.
La verità è che, come diciamo nel titolo di questo incontro, siamo ad un bivio, la democrazia italiana è a un bivio. Come vedremo con le nostre ospiti, non è che l’Italia repubblicana sia stata immobile sui temi chiave della partecipazione delle donne alla vita sociale e politica: è che non ce l’ha fatta a fare il salto di qualità. È rimasta nel limbo. E oggi, nell’Italia della crisi economica e politica, rischiamo di fare un bel passo indietro.
Se non vogliamo tornare indietro, dobbiamo indicare e trovare una via d’uscita superiore. Dobbiamo far leva su più cose insieme, e proporre all’attenzione della politica e delle istituzioni l’obiettivo di un nuovo patto, di un cambiamento fondato sulla democrazia paritaria.
Dunque sì, non possiamo che salutare con soddisfazione:
- leggi come la 120 del 2011 sulla presenza delle donne nei consigli di amministrazione delle società quotate in borsa e in quelle a partecipazione pubblica
- il voto del Senato sulla legge che promuove il riequilibrio della rappresentanza nei consigli e nelle giunte degli enti locali e nei consigli regionali
- e prima ancora la riforma degli articoli 51 (uguaglianza nell’accesso agli uffici pubblici e alle cariche elettive, e promozione delle pari opportunità con leggi della Repubblica) e 117 (leggi regionali per la parità sociale e politica) della Costituzione
E però, come diranno Marilisa D’Amico e Silvia Pasqua, l’Italia è il paese del grande mare che c’è tra il dire e il fare, il paese delle rivoluzioni incompiute e spesso tradite. Il paese che non riesce ad emergere dal gruppo di nazioni di retroguardia nella rappresentanza politica delle donne, il paese dei gap che non si rimarginano mai.
Per arrivare ai risultati che citavo prima, si è dovuti passare per dibattiti parlamentari che hanno sfiorato la rissa, e nei quali si sono sentite dire parole come “le donne sono disinteressate alla politica” o “se forziamo le donne alla politica forziamo il principio di meritocrazia”. Lascio a voi i commenti.
Non sta a me segnalare oggi l’inconsistenza concettuale e pratica degli stereotipi che si addensano sul ruolo delle donne, nella famiglia, nella società e nella politica. Avrete modo voi stessi di dirlo. Invece, io voglio chiedermi: come si fa a superare questo stallo? Questa incapacità di gettare finalmente il cuore oltre l’ostacolo?
Per me, ma credo anche per voi, è venuto il tempo della democrazia paritaria, della giustizia di genere che si affianca alla giustizia sociale, della costruzione comune di istituzioni democratiche rinnovate. Questo è il paradosso che ci tocca vivere e far vivere: il blocco si supera solo rilanciando il tema più grande, o si tocca questo tema o ci tocca vivere di piccoli passi avanti e di tanti passi indietro.
Secondo interrogativo: come facciamo a fare questo salto di qualità?
Gli interrogativi rimandano al nostro impegno, a come esercitiamo la nostra capacità di convincere, a come costruiamo relazioni tra società e istituzioni che rendano saldo il cammino.
Le consigliere regionali della Toscana hanno voluto mettere nero su bianco quello che pensano, in una proposta di Risoluzione sulla democrazia paritaria e sulla futura legge elettorale regionale. Lo hanno fatto, lo abbiamo fatto, partecipando ad un movimento più generale, ad un patto sottoscritto dalle consigliere di tutti i consigli regionali in occasione del Forum delle elette tenuto a Roma nel novembre 2011. E oggi ribadiremo queste cose con la Carta di intenti che abbiamo elaborato insieme alle donne di Senonoraquando e che sottoscriviamo stamani prendendoci altri impegni (abbiamo elencato le diverse possibilità: doppia preferenza, oppure uninominale con numero paritario di candidature, oppure ancora il “binominale”, e altri strumenti che arrivano alla inammissibilità delle liste che non applicano i criteri paritari; approfondimenti su queste possibili scelte saranno svolti da diversi interventi).
Direi che dobbiamo darci tre obiettivi, che porrei come obiettivi comuni, non di parte, da assumere insieme: donne che sono nelle istituzioni e che provengono da diversi campi, donne impegnate nella società civile, forze politiche, uomini della politica e delle istituzioni.
Il primo è di cambiare lo Statuto regionale, e di introdurre il principio-obiettivo della democrazia paritaria. Proporrò alle mie colleghe toscane di assumere una iniziativa in tal senso, e conto sulla disponibilità dei colleghi consiglieri.
Il secondo è di rafforzare le politiche di pari opportunità, nell’ottica di una democrazia paritaria che si riversi nei luoghi della responsabilità e dell’amministrazione. Penso al rafforzamento della nostra legislazione sulle nomine, tanto positiva quanto così spesso non realizzata.
Il terzo è la legge elettorale regionale, appuntamento obbligato che abbiamo di fronte a noi, e che sarà bene affrontare al più presto, anche per evitare che – come oggi avviene a livello nazionale – sia troppo condizionato dal gioco elettorale e, perché no, dalle aspirazioni personali. Ci sono già in campo proposte sulle doppie preferenze (del tipo Campania), ma nessuno si è ancora avventurato sul sistema uninominale. Insomma: dalle donne deve venire un segnale inequivoco su dove si deve andare, anche perché – con la riduzione del numero dei consiglieri e dei componenti la Giunta – le donne rischiano una beffa in più, magari non voluta, magari inconsapevole, di vedere la rappresentanza femminile ulteriormente ridimensionata. Sappiamo come è andata in Toscana nel 2010, con sole 9 donne elette su 55, uno dei livelli più bassi mai raggiunti a destra come a sinistra. Ed è una cosa “strana” e inconcepibile, in una Regione che ha una Giunta in cui le donne sono ampiamente partecipi e una donna è la portavoce dell’opposizione. E pensare che, avendo un sistema di liste bloccate, a detta di alcuni avremmo dovuto essere avvantaggiate…
Attenzione: con la democrazia paritaria non poniamo ancora una volta un problema di quote. Poniamo la necessità di un discorso più ampio, di una auto riforma della politica, di un atto paragonabile al voto alle donne. Un atto di coraggio e di rinnovamento che travalica gli interessi del momento. Un atto di riconoscimento, non di concessione, della politica fatta di due generi.
Dovunque nel mondo, quando le democrazie prendono forma, il primo problema è investire sulla presenza femminile. La nostra democrazia – afflitta da profondo malessere che però crediamo curabile – deve ricostruire una forma nuova, rilegittimarsi nella partecipazione. E questo non può avvenire senza scegliere, uomini e donne, un principio fondante di parità.
Come vedete, mi sono mossa tra evocazione (dei problemi) e invocazione (all’impegno di tutti). So bene che il nodo cruciale della legislazione elettorale è molto scivoloso, molto più delle politiche tradizionali di parità e pari opportunità, molto più dei principi generalissimi su cui appare più facile trovare ascolto e anche intese.
Ma davanti a noi abbiamo ormai il problema di salvare la democrazia, nel senso più alto del termine, come governo effettivo della repubblica, perché il potere del popolo non sia svilito dal governo mondiale della finanza e dal condizionamento delle oligarchie. In questo problema ci siamo tutti, e dobbiamo decidere se ci acconciamo ad una visione piccola e riduttiva delle istituzioni democratiche, nella quale ricercare una nicchia, un governo marginale della società, oppure se vogliamo riprendere il cammino interrotto, il cammino della civiltà europea. Non credo di esagerare.
La crisi delle istituzioni democratiche si vede anche dal nostro punto di osservazione, da una Regione che è un simbolo di buon funzionamento della dinamica politica e istituzionale. E non vedo come riusciremo a fronteggiare questa crisi se non si ricostruisce una unità di fondo del popolo. È in questa ricostruzione democratica che c’è, intera, la democrazia paritaria di cui parliamo, la democrazia delle donne e degli uomini, nessuno escluso.
Grazie.
Libere e sicure. Contro la violenza sulle donne
Per vivere libere e sicure. Giornata mondiale contro la violenza sulle donne.
Firenze, 24 novembre 2012 – Palazzo Panciatichi
Introduzione di Daniela Lastri, Consigliera regionale
Un saluto e un grazie a tutti voi (in particolare agli studenti dei licei Machiavelli e Castelnuovo), che avete voluto essere qui a discutere di cose difficili e molto impegnative.
Difficili perché raccontare della violenza sulle donne significa parlare di cose molto dure e di entrare in un groviglio fatto di crudeltà e di incapacità di risposta sociale. Difficili perché attraversano la vita di molti di noi. In un Paese in cui 7 milioni di donne sono state oggetto di violenza almeno una volta nella vita, è praticamente impossibile parlarne senza ricordare un episodio che abbiamo vissuto o una persona che abbiamo conosciuto.
E poi sono cose impegnative, perché dobbiamo anche trovare una strada per fronteggiare e sconfiggere questa violenza, guardando a quello che è stato fatto, anche qui in Toscana, ma sapendo che moltissimo resta ancora da fare.
Io credo che abbia ragione chi dice che il femminicidio è una emergenza sociale, e ogni emergenza richiede strategie di attacco molto efficaci. È un’emergenza per le tante uccisioni di donne (ormai nel 2012 siamo a oltre 100 donne uccise), ma lo è anche per la vastità, numerosità, crudeltà degli atti violenti e delle minacce che provocano un danno fisico, sessuale, psicologico. Femminicidio lo è in ogni caso, perché questi comportamenti, anche quando non portano alla morte della vittima, sono diretti alla donna in quanto tale, alla violazione del suo diritto di vivere libera e sicura.
Nella giornata mondiale contro la violenza sulle donne si pone a tutte le società, a tutte le nazioni, il problema della insostenibilità della violenza di un genere sull’altro, della insostenibilità di qualsivoglia impunità sociale.
Oggi, parlandone, vogliamo contribuire a interrompere il clima di normalità di questa violenza, e ad alimentare un movimento di presa di coscienza e di concreto intervento. Coscienza e azione. Che devono vivere nel mondo della crisi economica, perché altrimenti se ci si mette il silenziatore, se non si capisce che, anche grazie a quelle che sembrano le uniche priorità, rischiamo di ritrovarci da qui a poco in una guerra perduta, che ha lasciato sul campo tante, troppe vittime.
La questione va affrontata, non può essere elusa, non può essere rinviata a quando ci saranno le risorse, a quando potremo permetterci nuovi servizi. L’azione repressiva e preventiva non deve cessare dove c’è, e deve essere messa in moto dove non c’è.
In Consiglio regionale proprio in questi giorni abbiamo approvato una mozione intitolata “Per contrastare il fenomeno del femminicidio”, e tra le altre cose abbiamo sostenuto che il sistema toscano di contrasto alla violenza di genere va rafforzato. Superando i punti di debolezza segnalati nel Quarto rapporto 2012 sulla violenza di genere in Toscana. Qui se abbiamo potuto apprezzare i progetti innovativi come il Codice Rosa e il Centro di ascolto Uomini maltrattanti, abbiamo anche visto che occorre migliore procedure, superare burocratismi, fare più formazione, cercare di far emergere il sommerso, trovare il modo per riuscire a mettere sempre in sicurezza le donne. Dobbiamo farlo, non possiamo arretrare.
Lo dobbiamo alle 5723 donne che si sono rivolte dal 2009 al 2012 ai 25 centri antiviolenza della Toscana, e alle donne che stanno, nel sommerso, dietro a questa punta di iceberg. Solo nell’ultimo anno le richieste di aiuto sono state 2033, cioè 100 in più dell’anno precedente.
Bisogna sostenere di più i centri antiviolenza, potenziando le azioni del piano socio-sanitario. Il ruolo dei centri antiviolenza è stato in questi anni determinante. I centri hanno contribuito in modo decisivo a far emergere il problema della violenza sulle donne e a sensibilizzare le istituzioni pubbliche. 12 centri e case rifugio si sono costituiti in coordinamento (si chiama TOSCA), e grazie a questa realtà – con le competenze specifiche attivate – è cresciuto il collegamento con i servizi territoriali.
Ma c’è anche un problema nazionale, dobbiamo saperlo. Leggi importanti sono state fatte (legge contro lo Stalking) , è stato adottato il Piano di azione nazionale, sono state fatte le prime rilevazioni per conoscere il fenomeno, eppure non si può tacere che il Comitato CEDAW ha raccomandato nel 2011 l’Italia, vista la drammaticità dei dati sulle uccisioni di donne dai propri partner o ex partner rivelatori di un fallimento delle azioni fin qui poste in essere, di adoperarsi per proteggere adeguatamente le donne. Qui partiamo, da pochi fatti positivi (la legge) e da molti insuccessi pratici. Perciò dobbiamo procedere rapidamente alla ratifica della Convenzione del Consiglio d’Europa firmata a Istambul l’11 maggio 2011 (firmata dal Governo italiano il 27 settembre scorso), e ad adottare misure adeguate per invertire la tendenza. Servono risorse finanziarie, serve una mobilitazione delle risorse umane, serve più sensibilizzazione. Serve una battaglia culturale e civile, che deve mettere rapidamente solide radici.
Tutto quello che può spingere in questa direzione va sostenuto. Essenziale è il ruolo delle associazioni delle donne.
La violenza sulle donne ci riguarda tutti. Essa è, come ha voluto dire Amartya Sen, un genocidio nascosto. Non è un residuo del passato.
Se continua questa erosione della dignità delle donne, si va dritti verso la negazione della personalità e della libertà femminile.
Perciò chiediamo un salto di qualità nell’azione pubblica, e ci impegniamo a farlo per quello che sta nelle nostre forze.
Sappiamo che il fenomeno della violenza è ancora in gran parte sommerso. Il sommerso non è la periferia della società, è qualcosa che contrasta il campo alla crescita della libertà femminile, dei livelli di istruzione, della volontà di immergersi nel lavoro (Linda Sabbadini). Stride con la soggettività femminile, e le donne non possono più subirla.
Ascoltiamo, dunque, i nostri ospiti, le loro esperienze e quello che hanno fatto per raccontare la realtà. In particolare, Riccardo Iacona, con il suo libro “Se questi sono gli uomini”, ha testimoniato la gravità di un fenomeno che costituisce una vera emergenza nazionale; Rossella Zanardo, con “Il corpo delle donne”, libro e documentario, ha scosso le coscienze di molti aprendo una discussione sull’immagine della donna. Essi possono aiutarci, oltre che a capire, ad agire. In fondo, oggi, seppure senza apporre firme, stipuliamo un patto di mutuo impegno, per continuare una battaglia che merita di essere data.
Alle ragazze e ai ragazzi che sono qui vorrei solo dire che noi proviamo a porre rimedio, noi proviamo a fare le leggi, a punire i colpevoli e a offrire alle vittime una possibilità di riscatto; ma sta a voi, alla vostra intelligenza e alla vostra capacità di cambiare, rendere queste cose effettive e perfino inutili, costruendo con impegno e altruismo una società nella quale nessuna violenza abbia più cittadinanza, nella sfera pubblica come in quella privata, e gli uomini e le donne possano vivere in libertà tutto il tempo della loro vita comune. Tutto, senza eccezioni.
Il raccolto e la semina (fb 31 dicembre 2012)
Finalmente, dopo mesi di primarie, due giorni di pace. Un po’ di zero assoluto ci vuole, quindi stop ai commenti, se ne parla tra qualche giorno. Ora si aspetta l’anno che viene come fosse un Nuovo Inizio; ma è solo raccolto di ciò che abbiamo seminato nei mesi passati e promessa di seminare cose buone. Passate bene l’ora X del nuovo inizio, e auguri di buon raccolto e di buona semina futura!
Basta violenza contro le donne (fb 29 dicembre 2012)
Oggi siamo tutte vicine alla protesta che infiamma l’India, per la morte di una ragazza stuprata e uccisa. Se esiste un Dio, che fulmini i colpevoli; se esiste una giustizia, che li punisca con durezza. Il mondo intero dica basta alla violenza contro le donne, basta minacce, basta violazione della libertà! Non abbiamo più pazienza, non possiamo aspettare altre vittime e altra violenza; se lo Stato c’è, se gli Stati ci sono, si batta un colpo, dovunque!
Cacciate il mostriciattolo di Lerici (fb 27 dicembre 2012)
L’odio verso le donne produce mostri. A Lerici c’è un mostriciattolo. Chiedo a chi di dovere: potete tenere ancora a fare il pastore di anime uno che ha tutti questi problemi?
Buoni, senza Berlusconi (fb 24 dicembre 2012)
Passate un buon Natale. E siate buoni, almeno per qualche ora. Lo sarò anch’io, ma solo se in tv non spunta qualche pazzo furioso.
I furbi (fb 23 dicembre 2012)
Primarie con i nei. Pare che alcuni candidati renziani di Firenze abbiano raccolto firme in bianco (senza indicazione del candidato) e poi se le siano scambiate, per permettere a 3 su 4 di loro di raggiungere quota 500. Peccato veniale o mortale? Fate voi, trovate la giustificazione che volete, però non venitemi a dire che è una bella cosa.
Primarie con le donne (fb 20 dicembre 2012)
Sono partite le primarie del PD, si potranno dare una o due preferenze, in questo caso per una donna e un uomo. Non è proprio quello che speravo, ma certo anche la nostra lettera a Bersani è stata utile per stabilire che il PD arriverà comunque alla soglia “antidiscriminatoria” del 40% di elette. Il mio voto doppio ci sarà. Questo il sito per sapere tutto http:// primarieparlamentaripd.it/
Due liste per le primarie (fb 15 dicembre 2012)
Domenica sera vorrei inviare una lettera così. Che ne dite? C’è qualcuno che la firma con me?
Caro Pier Luigi Bersani, care donne e cari uomini della direzione nazionale del PD,
potremmo prenderla alla lontana o metterla sul filosofico, discorrere dell’essenza della democrazia e invocare la Costituzione. La diciamo invece così: in parlamento – nel parlamento italiano del 2013 – è bene che vadano tante donne, tante quanti saranno gli uomini. Da quando il mondo è mondo, nessun cambiamento è stato autentico se non è stato fatto per gli uomini e per le donne.
13 febbraio 2011, è da lì che è partita la riscossa civile delle italiane e degli italiani. Due anni dopo, può il PD fare a meno delle donne? Non può, nemmeno durante un’impresa quasi impossibile come queste primarie veloci come il fulmine. Ma l’Italia ormai sa che il PD è un partito capace di gettare il cuore oltre l’ostacolo. Si aspettano, gli italiani e le italiane, il primo rinnovamento vero, forte come un tuono.
Nelle liste che le Assemblee del PD si apprestano a comporre, e nelle liste che andranno alle primarie. Un uomo e una donna, una donna e un uomo, Fifty-Fifty. Perché il PD è di tutte e di tutti.
Come fare? Semplice: facciamo dovunque due liste, la lista delle democratiche e la lista dei democratici, e ripartiamo la rappresentanza come nessuno finora ha mai fatto, e come le donne vogliono vedere che fa il loro PD. Il PD maschio e femmina. E magari consentiamo alle elettrici e agli elettori di esprimere su ogni scheda non un solo voto ma più voti, in modo che la competizione sia più solidale e meno aspra, più ricca di persone che sono in grado di dare qualcosa di importante alla politica.
Attendiamo con fiducia buone decisioni.
PS: perché ci si intenda, questa lettera è firmata da chi alle primarie ci andrà per votare, non per essere eletta/o.
Daniela Lastri