Lettera al Corriere della Sera di Firenze su PD e primarie
15 ottobre 2011
Caro Direttore,
Carlo Fusaro ha scritto su questo giornale che le primarie sono nel dna politico del Partito Democratico. Giustissimo. Le ho sperimentate anch’io, magari non sono state proprio il massimo della correttezza, ma infine ci siamo attenuti al principio che le ispira, e i candidati perdenti, un minuto dopo l’esito, si sono riconosciuti nel candidato vincente. Così è stato anche per le primarie alla carica di segretario nazionale del PD, e chi, come me, scelse Ignazio Marino, ha poi lavorato lealmente nel PD, certo senza annullare la propria diversità, ma rifuggendo dal vecchissimo gioco del tiro al bersaglio sulla leadership nazionale. Pierluigi Bersani, ricordiamolo, è stato legittimato dal voto di milioni di cittadini italiani solo due anni fa, e per governare il PD per quattro anni. Qui la mia analisi diverge da quella di Carlo Fusaro. Lui ritiene che da allora ad oggi sono cambiate molte cose, e quindi lo stesso Bersani dovrebbe indire una sorta di primarie anticipate, per rilegittimare la leadership nazionale, la sua o quella di un altro ipotetico vincitore, celebrando in sostanza un nuovo congresso. Ora la domanda è semplice: nel momento in cui Berlusconi viene battuto su un atto fondamentale quale il rendiconto dello Stato e la sua maggioranza è a un passo dal disfacimento politico, nel momento in cui il centro sinistra dovrebbe presentarsi più unito che mai, perché il PD dovrebbe girare lo sguardo e rivolgerlo al proprio ombelico? E dimenticarsi che ricucire l’Italia (per usare l’efficace immagine di Zagrebelski) è il suo primo dovere?
Le primarie sono una cosa seria, e anche il PD lo è. Il PD non può diventare un non-partito, con leaderschip occasionali a mandato evanescente. E le primarie, essendo una cosa seria, non possono essere un gioco infinito, a somma negativa, un esercizio eterno di divisioni che non finiscono mai. Regalo insperato al centrodestra. Invece, l’esigenza preminente, con le elezioni alle porte, è di costruire una alternativa credibile senza perdere altro tempo. Bersani, in quanto segretario del PD, è già naturalmente il leader del centro sinistra, e se devono essere fatte primarie (ché, attenzione, qui non è in ballo un premier eletto dai cittadini!), si facciano di coalizione. Ad esse il PD non potrà che andare con la candidatura del suo segretario. Tutto il resto è personalismo, e metterà a rischio la svolta di cui il Paese ha bisogno. Lo dico con tutto il cuore a chi nel PD e nel centro sinistra deve oggi prendere le decisioni giuste.
Daniela Lastri