Subito il congresso del PD (fb 27 aprile 2013)

aprile 27, 2013admin2013, da FACEBOOK0

Non c’è alternativa, bisogna fare subito il congresso del PD. Ma con regole nuove, inclusive e non divisive.Se lasciamo andare le cose la divisione diventa inevitabile. I fatti di questi giorni hanno dimostrato che tra di noi la pensiamo in modo diverso, e se non ritroviamo le ragioni dello stare insieme, se chiudiamo gli occhi di fronte alla realtà, il nostro futuro e il futuro dei progressisti italiani è finito, almeno per altri 10 anni.

Prima di dire come vedo il nostro congresso, devo fare qualche considerazione.

La prima è che non saremmo in questa gravissima situazione – di liquefazione del PD e del centro sinistra – se non avessimo gestito così male la candidatura di Franco Marini a Presidente della Repubblica, lasciando montare un clima di ostilità (su una intesa di carattere istituzionale) che pian piano ha stravolto la candidatura e l’ha fatta interpretare come primo passo per future intese di governo; non era così, ma io stessa ne sono rimasta disorientata, come tutti quelli che l’hanno vissuta dal di fuori. Non voglio nemmeno parlare della votazione su Prodi, un esito pazzesco e umiliante per tutti noi.

La seconda considerazione è che non si può ricominciare tra di noi a discutere su chi sarà il candidato premier del PD alle prossime (inevitabili) elezioni. Lo dico per tutti, compreso per chi (parlo di Renzi) ha le maggiori possibilità di affermarsi in questa direzione. Se ricominciamo così consegniamo alla destra la vittoria su un piatto d’argento, e allora la destra prenderà tutto, parlamento, governo e presidente della Repubblica. È la destra, è Berlusconi che oggi ha il pallino in mano, e lo farà pesare, non facciamoci illusioni. Per me non è in discussione il candidato premier, e non ho nessuna voglia di fare lotte fratricide come nell’autunno scorso. Per me il problema ormai è: quale coalizione di forze, quale centro sinistra proponiamo agli elettori, se un centro sinistra profondamente diviso o un centro sinistra unito, rinnovato, plurale, solidale. Tutti devono sapere che qui è il nostro vero problema. Grave, gravissimo.

Terza considerazione. La responsabilità di questa situazione è tutta del PD. Siamo noi che dobbiamo cambiare. Prima lo facciamo e meglio è. Non abbiamo molto tempo, solo qualche mese.

Sul governo che sta per nascere, sarà un miracolo se Enrico Letta riuscirà a renderlo almeno presentabile nella sua composizione. Ma sarà una cosa indigeribile per tantissimi iscritti al PD, e per tantissima parte degli elettori del centro sinistra. Sarà un altro miracolo se un governo così fatto riuscirà a fare qualcosa di buono. Ogni insuccesso ricadrà su di noi, ogni successo se lo intesterà Berlusconi. L’alternativa tra noi e la destra inevitabilmente sarà ridotta al lumicino, i cittadini si chiederanno che cosa ci distingue. Ci toccherà spiegare e non sarà facile. Per questo anch’io avrei preferito che lo stato di necessità in cui ci siamo messi fosse almeno chiaro, e che fosse chiaro che il governo era pienamente “del Presidente”. Spero di sbagliarmi, spero che Enrico Letta saprà far capire agli italiani che lui sta dirigendo qualcosa di anomalo e di irripetibile. Tra l’altro mi chiedo come farà a dirigere un governo diviso, dove ogni ministro del Pdl farà i cavoli suoi, non risponderà al Presidente del Consiglio ma direttamente a Berlusconi. E noi, che faremo in Parlamento? Potremo costruire un nostro “programma parlamentare” mentre il capo del governo è del PD? Oggi, per come stanno le cose, la vedo peggio che con il governo Monti.

In questa situazione è paradossale che nel PD si parli di espulsioni, di quelli che potrebbero non votare a favore del governo, votando contro o  astenendosi o non partecipando al voto. Espulsioni? Con quale senso della realtà, quando non siamo stati in grado di convincere quelli che apertamente si sono dichiarati contro Marini, né siamo in grado di espellere quelli che non hanno votato Prodi? Stiamo attenti, non tiriamo troppo la corda, prendiamo i nostri problemi per quello che sono: una divisione grave, una scelta opposta a quella sostenuta da anni.

E ora dico quello che penso sul congresso.

Se vogliamo un congresso divisivo, una pratica da sbrigare per sancire una divisione senza futuro, facciamolo pure con le regole attuali. Il risultato sarà disastroso. Se invece vogliamo riprendere le fila di un ragionamento e ricostruire un principio di unità, allora dobbiamo cambiare quasi tutto.

Intanto, cancelliamo dallo statuto le regole sbagliate, che hanno dato il loro bel contributo a portarci dritti a questa situazione. Via la norma sul Segretario candidato premier, s’è già visto che non serve a nulla, ed è distruttiva. Via la regola delle primarie che si vincono a maggioranza relativa, assumiamo le regole del Labour Party. Immettiamo una buona dose di democrazia partecipativa.

Insomma: mettiamo in soffitta quella pratica politica che ci impone sempre di competere alzando i toni, senza garantirci luoghi di ricomposizione unitaria. È una pratica che ci dice, in sostanza: non sei nessuno se non sei candidato in qualche primaria; se vuoi fare politica, parla solo di te, raccogli soldi, vai sui media, e gettati nella competizione, il PD è lì per garantirti questo. È una pratica politica che distrugge la casa dove viviamo, e che, alla fine, ci fa dimenticare la missione per cui siamo nati.

Dobbiamo decidere subito (è inevitabile) sul gruppo che reggerà il PD fino al congresso. Nessuna forzatura: bisogna che ci sia (reggenza o meno) comunque una gestione collegiale. Tutti devono poter dire: il PD è il mio partito, vado a farmi la tessera, si discuterà insieme e si deciderà insieme.

Contemporaneamente, dobbiamo chiamare i circoli e gli iscritti ad una discussione politica seria, nella quale non ci sia l’assillo a contarsi tanto per contarsi. Ci conteremo subito dopo, con le mozioni. Prima che le mozioni congressuali siano presentate, gli iscritti vanno chiamati a discutere sulla situazione politica e sui fondamenti del nostro partito, in modo libero, aperto, con modalità del tipo “democrazia deliberativa”.

Nessuno si illuda che gli iscritti al PD vogliano starsene in silenzio. Se non lo promuove il gruppo dirigente, questa cosa avviene da sé, e nessuno potrà dire: “tu non fai l’assemblea, tu non convochi gli iscritti”. Nessuno, in questa situazione, ha l’autorevolezza per silenziare chicchessia.

Se si organizza bene questa fase di ascolto, possiamo fare in modo che ognuno si senta impegnato a discutere dei temi più profondi che stanno davanti a noi.

Non ci vuole un secolo per fare questo. Se abbiamo fatto le parlamentarie in una settimana, riusciremo a fare una discussione seria in un mese.

L’assemblea nazionale dia il via a questa discussione organizzata, con materiali di riflessione anche diversi.

L’esito di questa discussione sia poi riassunto dall’Assemblea stessa, e si apra la fase congressuale propria, con mozioni alternative. Anche qui ci vuole innovazione.

Dobbiamo riuscire con chiarezza e sincerità a individuare, con le mozioni, ciò che ci uniscee ciò che ci divide. Su quello che ci divide si fanno le scelte e si costruiscono i gruppi dirigenti, con meccanismi rappresentativi. Niente votazione diretta del segretario, sennò si ricomincia daccapo; il segretario verrà dopo, all’assise nazionale o con primarie. Sia perciò il congresso nazionale a trovare la sintesi possibile tra di noi, e la maggioranza che reggerà il partito (per non più di due-tre anni). Vogliamo tenerci le primarie sul segretario? Si facciano pure, ma siano un confronto tra personalità, non tra linee politiche radicalmente contrapposte.

Se non facciamo così, temo che nessun segretario riuscirà a tenerci uniti, i congressi non finiranno mai, il confronto tra posizioni diverse e il pluralismo saranno sempre più asfittici, le primarie saranno sempre l’unico luogo della democrazia, e noi saremo sempre di più tanti partiti che si sommano, pronti a regolarsi i conti tra di loro in ogni occasione.

C’è già nel PD chi ci invita ad adottare una strada di questo tipo, fatta di discussione consapevole, di democrazia deliberativa, di referendum quando è necessario, di congressi veri anche tematici, di competizione organizzata, di rispetto delle diversità. Solo da qui nasce la solidarietà, che non ce l’assicura nessuno se non noi stessi e le regole che ci diamo.

Tra un po’ arrivano nuove elezioni e se noi siamo quel che abbiamo dimostrato di essere oggi, se noi non riusciamo a fare politica tra la gente, ogni speranza è chiusa. Tra un mese ci sono le elezioni a Roma e in tante città. Lì ci battiamo contro la destra, ed è una battaglia con i fiocchi, non è una passeggiata; lo scontro è durissimo, governo o non governo di larghe intese. In tutte le Regioni e nei comuni siamo alternativi alla destra, nessuno fa sconti all’altro.

Comunque vada, nel congresso faremo inevitabilmente i conti con l’esperienza di governo che sta per cominciare. Solo il congresso può riaprire una prospettiva per noi e per il centro sinistra. Il problema del centrosinistra non è cosa marginale. Stiamo attenti a non combinare altri guai, ad esasperare i rapporti, a buttare a mare il buono che avevamo costruito. Ricordiamoci sempre che siamo stati noi a far succedere questo pandemonio. E tocca a noi rimediare.
(questa nota è, un po’ rielaborato e arricchito nella parte finale, il mio intervento alla direzione metropolitana del PD di venerdì 26 aprile 2013)

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