In occasione della discussione sulla legge elettorale
Intervento in Consiglio regionale in occasione della discussione generale sulla legge elettorale
Daniela Lastri
Questa è una legge importante. È la legge che decide su come si esercita il diritto di voto, che tutti dovremmo volere libero e uguale. Aggiungo io: chiaro e inequivocabile.
Tutti i cittadini devono avere le stesse possibilità. Tutte le forze politiche devono essere messe su un piano di uguaglianza. Questa non è una posizione di parte, non è né una posizione di sinistra né una posizione di destra. È una posizione che fa appello ai principi fondanti della nostra Repubblica: rappresentatività del corpo elettorale, governabilità delle istituzioni, uguaglianza delle posizioni dei cittadini, delle forze politiche, dei candidati nel confronto elettorale. Negli anni passati, diversi sistemi elettorali hanno violato questi principi, e infine è giunta una sentenza della Corte Costituzionale che ha richiamato il legislatore al rispetto di questi valori. Il richiamo vale anche per noi.
Oggi siamo chiamati a dare il nostro voto e ad esprimere la nostra responsabilità. Le elettrici e gli elettori ci guardano, vedono cosa facciamo, il voto che diamo. Si aspettano di vedersi restituito pienamente il diritto di decidere chi li deve rappresentare e chi deve governare la Toscana. Se faremo questo, riconosceranno il merito non a questo o a quello ma a ciascuno di noi. Se faremo una cattiva legge, o se faremo una legge ad alto rischio di costituzionalità, prima ci criticheranno, poi si rivolgeranno ai giudici. Noi possiamo scegliere. Noi possiamo evitare di mettere la Toscana nel rischio della confusione istituzionale.
Le leggi elettorali non sono perfette, c’è sempre qualcosa che non va. Ognuno di noi ha maturato un’idea sul sistema elettorale migliore, e su come realizzare al meglio i principi repubblicani di cui parlavo. Però, il confronto sui sistemi elettorali, e anche la mediazione necessaria tra diverse soluzioni che sono considerate più idonee a rispondere alla conformazione dei partiti, alle loro dinamiche e alla loro tradizione, non può mettere in discussione quei principi, poiché essi appartengono alla Repubblica, cioè ai cittadini, e sono a noi indisponibili. Noi possiamo decidere, mediare, fare accordi, ma solo su quello che ci è disponibile, perché non siamo i padroni ma i servitori della Repubblica.
Nella nostra disponibilità c’è certamente il modello di elezione. Fatta questa scelta, dobbiamo avere l’assillo di rispettare quei principi, perché in ogni concreta legge sulle elezioni – ci è stato insegnato – il diavolo sta nei particolari. E così come avremmo dovuto avere massima cura nel rispetto dei principi, se avessimo deciso di costruire un sistema elettorale fondato sul collegio uninominale, allo stesso modo dobbiamo avere massima cura quando ci accingiamo a votare una legge fondata sul voto di preferenza, come avviene oggi, dopo una decisione assunta con faticosa mediazione tra le varie opinioni in campo.
Dunque, puntiamo sul voto di preferenza e su liste plurinominali in circoscrizioni piccole. Su questa scelta abbiamo innestato, nel corso di due anni di lavoro comune, altre importanti scelte, come il premio di governabilità, abbinato al doppio turno per l’elezione del Presidente della Giunta regionale, l’attuazione del principio della parità di genere, il voto di preferenza facilitato grazie ai nomi delle candidate e dei candidati stampati sulla scheda. Ognuna di queste scelte rispetta i principi di uguaglianza del voto, di uguaglianza delle forze politiche in competizione, di garanzia della governabilità. Anzi, devo dire che li può realizzare al meglio, rendendo la scelta forte e costituzionalmente salda. Attribuisco il merito di queste scelte a tutti noi: a quelli che le hanno proposte, a quelli che le hanno accettate, a quelli che non si sono opposti.
Il problema c’è quando, come avviene nella proposta di legge alla nostra attenzione, si toccano due questioni estremamente delicate: la riproposizione di una lista bloccata abbinata ad altra lista con preferenza, e le soglie di sbarramento alte, differenziate e escludenti. Qui i principi entrano drammaticamente in crisi. Il voto delle elettrici e degli elettori diventa diseguale; la posizione di parità delle forze politiche in campo è messa pesantemente in discussione. Gli effetti paradossali, e perciò incostituzionali, sono davanti agli occhi di tutti. Ed è un po’ strano (diciamo così) che si sia sottovalutato il parere giuridico degli uffici del Consiglio regionale, quando sul listino bloccato facoltativo recita: “In tal modo, si determinerà quindi un diverso peso dei voiti di preferenza tra una lista e un’altra, cosa che si presta certamente ad essere contestata in sede di controllo di costituzionalità”. Raramente ricordo un parere così netto. Siamo davanti a elettori che non determineranno tutti gli eletti, e a forze politiche che rischiano di essere escluse dalla rappresentanza a vantaggio di altre, pur avendo conseguito importanti e maggiori consensi. Fino ai paradossi estremi di candidati eletti nella lista bloccata regionale magari bocciati dagli elettori in quella con preferenze, e di forze politiche che complessivamente raggiungono il 9,9 per cento senza poter rappresentare in consiglio centinaia di migliaia di elettori. Se nel passato c’è stata scarsa attenzione a questi aspetti, e se nel presente altrove non si fa, non possiamo per questo autoassolverci. Oggi siamo noi a decidere.
Ricordo che in questo Consiglio regionale, nel marzo scorso, fu votato un ordine del giorno fortemente critico sulla riforma elettorale nazionale, che non si faceva carico – si disse – proprio dei problemi che qui richiamo. Anch’io votai quel documento, anche se non l’avevo presentato. E non l’avevo presentato perché mi sembrava strano criticare Roma senza aver risolto gli stessi problemi in casa nostra. Mi aspetterei oggi una maggiore coerenza.
Il mio invito è questo: mettiamo da parte le esigenze di parte, torniamo ai principi che, sono sicura, condividete con me, e diamo insieme alla Toscana una legge elettorale coerente, salda, costituzionale.
Chi verrà dopo di noi in questo Consiglio sia dunque l’espressione genuina del nostro popolo e dei nostri partiti, frutto di coalizioni vere, fatte per convinzione e non per convenienza, e di rappresentanza di orientamenti tutti meritevoli, per consenso uguale, di costruire la Regione del futuro. Diamo alla Toscana la legge elettorale che merita.
C’è un problema politico, per molti di noi. Non lo nascondo, è chiaro a tutti. La legge di cui discutiamo è frutto di due azioni: un’azione comune svolta nel Gruppo di lavoro del Consiglio regionale, che la legge assume; e un accordo che sui due punti essenziali che ho richiamato va oltre, rappresentando un altro approdo, un’altra mediazione.
Noi possiamo dire: “E così sia”. Oppure possiamo ricordare a noi stessi che il Gruppo di lavoro lo facemmo proprio per evitare accordi limitanti, e per metterci tutti sullo stesso piano. Con una forza consiliare diversa, certo, da tenere in alta considerazione, ma tutti sullo stesso piano istituzionale. Non dicemmo: sia la maggioranza a presentare una proposta di legge e ad affrontare il confronto con le minoranze. Dicemmo: proviamo a parlare tutti insieme, ad approfondire, e a vedere se raggiungiamo un’intesa larga, la più larga possibile tra i gruppi consiliari. Questo programma è venuto meno proprio quando eravamo in dirittura d’arrivo. Dovremmo invece, riprenderlo, e perciò tenere in considerazione la lettera la lettera inviata ieri proprio dai consiglieri Magnolfi, Del Carlo, Donzelli, Sgherri, Romanelli e Chincarini che ci chiedono un ultimo sforzo per miogliorare la proposta che discutiamo.
Sono convinta che le colleghe e i colleghi del mio gruppo, o comunque la maggior parte di loro, riconoscono il buon diritto di sostenere posizioni diverse, su questioni di così rilevante interesse per l’istituzione e per l’attuazione dei principi che ho richiamato. Perciò, insieme ad altre consigliere e consiglieri, abbiamo presentato alla vostra attenzione pochi essenziali emendamenti al testo in discussione.
Vi dico questo non certo per sollevare qui – nell’istituzione – questioni che attengono alla dialettica dei partiti. Vi dico questo perché tutti noi siamo nella stessa identica posizione, ad ognuno di noi spetta di sciogliere il suo dilemma, ed io sento il dovere – più ancora che il diritto – di farlo secondo le mie convinzioni, maturate in un dialogo politico e tecnico di due anni di lavoro comune. Ognuno di noi, nessuno escluso, racconterà domani ai cittadini di come ha sciolto il suo dilemma. Questo è, se volete, il grande pregio della democrazia, la forza stessa delle istituzioni democratiche.
Firenze, 10 settembre 2014