Solo per voi, sulla legge elettorale toscana
C’è una polemica in corso, che mi coinvolge. Agli amici e alle amiche di fb devo qualche chiarimento, poi parlerò ufficialmente dopo la presentazione della relazione al consiglio sui due anni di attività del gruppo di lavoro sulla riforma elettorale regionale da me presieduto. A chi me lo chiede la nota che vi metto qui sotto è fatta per questo.
Due notizie, qualche commento. Il consiglio regionale dell’Emilia Romagna ha approvato il 22 luglio quasi all’unanimità (un solo astenuto) la nuova legge elettorale, con voto di preferenza donna-uomo e abolizione del listino del Presidente. Il 23 luglio si è tenuta l’ultima seduta del gruppo di lavoro del consiglio regionale della Toscana, da me presieduto, sulla nuova legge elettorale. Conclusione senza unità. Il testo base, presentato dal capogruppo del Pd (poi diventata una formale proposta di legge), contiene molte cose positive, ma è seriamente compromesso da quelle negative. Quelle positive ricalcano e sviluppano ciò che era stato scritto nel primo documento del gruppo di lavoro: voto di preferenza donna-uomo, preferenza “facilitata” con indicazione in scheda dei candidati e delle candidate da votare (questa è la novità più interessante), circoscrizioni abbastanza piccole, doppio turno se nessun candidato Presidente raggiunge il 40%, premio di maggioranza di 23 o 24 seggi, non meno del 35% di seggi alle minoranze.
Per inciso, ricordo che personalmente avrei preferito un sistema fondato sul collegio uninominale, ma le preferenze erano la condizione per fare un accordo con le minoranze, compresa Forza Italia (pur di evitare il listino si era stabilita anche la possibilità di presentare lo stesso candidato in tre circoscrizioni).
Tutto il positivo è stato compromesso (spero non ancora irrimediabilmente) da un accordo all’ultimo minuto del Pd con Forza Italia, che rimette in legge una lista bloccata (facoltativa ma sempre lista bloccata è) che sulla scheda si aggiunge a quella dei candidati da votare (creando confusione al momento del voto), e stabilisce soglie di accesso differenziate, fortemente penalizzanti la rappresentanza. Sarà così possibile che entrino in consiglio candidati che non hanno ricevuto nemmeno un voto a discapito di quelli che ne avranno ottenuti tanti, e che entrino partiti con il 3% (basta che siano alleati a partiti grandi) e non entrino, ad esempio, due partiti con il 4,9% tra di loro alleati. È onesto chiedersi quanto reggerà, anche da un punto di vista costituzionale, un sistema così costruito. E a chi giova. Di certo non alla governabilità, perché il premio di maggioranza è già assicurato. Servirà a chi proprio non vuole rinunciare a un gruppo di “nominati”, e servirà a chi vuole costringere i partiti minori ad allearsi a tutti i costi con quelli maggiori, problema che, come è noto, esiste principalmente per Forza Italia. Per far questo si preferisce rischiare mille ricorsi, e si dà alla Toscana un sistema elettorale schiacciato sugli interessi politici di oggi, piuttosto che – come dovrebbe essere – rispondere alla primaria esigenza di avere istituzioni stabili e fortemente legittimate.
Sono entrata in consiglio regionale con una legge che non ho votato, ero nella lista regionale bloccata messa accanto a quella dei candidati della lista provinciale, anch’essa bloccata, e fin dal primo giorno ho detto “mai più così”.
Avevo fiducia che l’avremmo cambiata profondamente, e a un certo punto ci ho veramente creduto (un po’ ci credo ancora, però). Per tre anni il PD ha detto questo, sono stata la prima a promuovere – a firma del gruppo regionale del PD – un dibattito pubblico sulla nuova legge elettorale e la democrazia paritaria nel lontano 6 aprile 2011. Sempre si è detto: basta con le liste bloccate. Mai ho sentito nessuna titubanza nel PD, nemmeno quando nell’agosto 2013 il gruppo di lavoro che presiedevo stilò il primo documento ufficiale, cui seguì la presentazione da parte del capogruppo del PD di allora di due modelli, nessuno dei quali prevedeva alcuna lista bloccata. Tutti d’accordo.
Dunque, per la cronaca, non sono certo io che ho cambiato idea. Poi la svolta, arrivata prima in forma ipotetica con una posizione della direzione regionale (marzo 2014, 4 voti contro, tra cui il mio, su un documento che fu distribuito cinque minuti prima di votare), e infine le presentazione a giugno di un nuovo testo di legge, che conteneva anche una lista bloccata (a due). Il resto è cronaca di questi giorni.
Con amarezza ma senza lamentarmi più di tanto registro accuse nei miei confronti provenienti da dirigenti del PD regionale, una levata di scudi che però fa male soprattutto a chi la fa, perché fondata sull’idea che ogni posizione diversa è illegittima, che il partito ha titolo per imporre uniformità anche su delicate questioni istituzionali, e si spinge a richiedere che anche chi è investito di una responsabilità istituzionale deve comportarsi non secondo le regole delle istituzioni ma secondo i desiderata dei gruppi dirigenti che si succedono da un congresso all’altro. A nulla valendo gli impegni pubblici sempre assunti, se c’è un accordo con Forza Italia questo diventa la posizione da assumere “a prescindere”. Accettare e pedalare.
Non ho da rimproverami di aver evitato in questi mesi, fino a questo epilogo, di fare della nuova legge elettorale un tema di scontro politico, di non essermi appellata alla mobilitazione degli iscritti e degli elettori quando ho visto affiorare tentazioni di ritorni indietro. Comunque vada, mi ero detta, ci sarà rispetto delle posizioni e dei ruoli istituzionali. Prendo atto che non sta accadendo così. Prendo atto che si preferisce buttarla in politica interna, e attaccare posizioni legittime (e più ancora legittime in quanto sostenute da anni dal PD) come fossero espressione di posizioni di corrente. Rispondo con una domanda: qualcuno ricorda nei dibattiti pubblici di questi tre anni un solo dirigente del PD o un solo iscritto, di qualsivoglia orientamento o corrente interna, che chiedeva di confermare in Toscana le liste bloccate, più o meno camuffate? Io no.
Qualcuno ha perfino invocato il mio silenzio per il fatto di essere stata eletta nel 2010 in una lista bloccata. Ricordo ancora una volta che in quella lista non sono stata io a chiedere di essere messa, ma sono stata richiesta dal partito di allora. Ricordo che nella mia vita politica ho fatto quattro elezioni con preferenza, una primaria interna e una primaria con elettori. Tutto senza finanziatori, tutto con i miei pochi soldi, le cene alle case del popolo, il contributo dei volontari. Può bastare questo per poter parlare?
Ma infine la legge è ancora da votare. C’è ancora tempo per ripensarci, e per ritornare a essere il PD che – io almeno – ricordo. Continuerò a provare a convincere con argomenti di merito, e attendo che qualche voce di quelli che finora avevano detto “niente liste bloccate” si faccia sentire, renziani, cuperliani, civatiani che siano. Poi però, al momento del voto, ogni consigliere regionale è di fronte alla sua personale responsabilità, per come interpreta il suo ruolo nel PD e nelle istituzioni, e per come si pone di fronte agli elettori. Io ho deciso di non sottrarmi alla responsabilità verso le persone che voglio rappresentare. Quando la legge arriverà in aula, voterò con convinzione gli articoli buoni, cercherò con la forza degli argomenti di convincere il consiglio e anche i miei colleghi a non votare quelli sbagliati. Fino all’ultimo voto nessuna speranza deve essere sepolta. Poi, se nulla cambierà, io un bel testo con due grossi bachi dentro non lo voterò. Avviso chi volesse convincermi con strani argomenti che cascano male, non ho paura di difendere le mie posizioni. Mi metteranno in croce. Ma di tradire me stessa e quelli che hanno fiducia in me non se ne parla proprio.