LE COSE IMPORTANTI, LA LEGGE ELETTORALE TOSCANA, LE DIECI DOMANDE AL MIO PARTITO

agosto 27, 2014admin2014, da FACEBOOK0

Quante sono le cose importanti che richiedono la nostra attenzione? Non dico quelle personali, che ognuno ne ha tante da tenere a mente, per età, condizione economica, vita familiare. Dico quelle pubbliche, che riguardano “noi insieme agli altri”, la nostra città, l’Italia di oggi, il mondo addirittura, cosicché a concentrarsi su di una sembra di far torto a tutto il resto. Ognuna di queste mille cose pubbliche richiede un’attenzione diversa, qui possiamo fare qualcosa di concreto, lì possiamo dare un contributo di idee, lì ancora possiamo partecipare a un movimento di opinione o fare un gesto di solidarietà.

Nei prossimi giorni verrà in discussione in Consiglio regionale la nuova legge elettorale della Toscana: ed è dunque il tempo per ciascuno di noi di dire quello che pensiamo, e agire perché siano fatte le scelte giuste. Il tempo non è un lontano domani, il tempo è ora. Dobbiamo dire e agire, anche se intorno a noi si moltiplicano le voci che ci suggeriscono di lasciar stare, ché in fondo di legge elettorale non si vive, ecchesarà mai farla così o colì, non muore nessuno, e via minimizzando. Ragionando a questo modo, di niente dovremo veramente interessarci, solo annusare, dire di sfuggita la nostra, e passare ad altro.

E invece no. La nuova legge elettorale della Toscana riguarda l’esercizio del primo diritto politico, il diritto di voto, la base della democrazia, il luogo della tensione tra le ragioni del governo e quelle della rappresentanza. Lì, nell’esercizio del diritto di voto, affidiamo una parte importante dei nostri concreti interessi, materiali, culturali, politici: se di questo non ci interessiamo, come possiamo dimostrare di avere a cuore tutto il resto?

Perciò, torno ancora una volta sull’argomento. Insisto, e fino alla fine insisterò: la Toscana merita una buona legge elettorale, non quella dell’accordo PD-Forza Italia. E se non sarà buona legge, lo sarà senza il mio voto.Dopo due anni di confronto a tutto campo tra le forze politiche del Consiglio regionale, alcune scelte erano state fatte e condivise dalla maggioranza delle forze politiche di governo e di opposizione: voto di preferenza donna-uomo su liste plurinominali, preferenza facilitata con i nomi stampati sulla scheda elettorale, circoscrizioni abbastanza piccole per legare le candidate e i candidati al territorio e ridurre l’impatto delle spese elettorali, doppio turno per l’elezione del presidente della giunta regionale se nessuno raggiunge al primo turno un numero elevato di consensi (es. 40%), premio di maggioranza per la coalizione vincente. Migliorando qualcosa ancora, magari nel confronto d’aula, il risultato poteva essere veramente importante.

Poi, d’un tratto, il PD ha scelto di privilegiare l’accordo con Forza Italia, determinando così la conclusione dell’attività del Gruppo di lavoro costituito dal Consiglio regionale, senza il raggiungimento di un’intesa più larga. I contenuti dell’accordo PD-Forza Italia sono stati trasfusi nella proposta di legge n. 348/2014 (la trovate sul sito del Consiglio regionale), che su due punti essenziali contrasta con il lavoro fatto in questi anni, e soprattutto – determinando immotivate diseguaglianze nel voto – espone la futura legge a gravi rischi di incostituzionalità e a ricorsi di elettori e candidati non eletti. Si tratta delle seguenti norme:

  • articolo 8, comma 3: prevede liste bloccate regionali che prevalgono sul voto di preferenza dato dall’elettore sui candidati delle liste provinciali;
  • articolo 18: prevede soglie di sbarramento alte e differenziate per i partiti minori.

Molti di noi sono rimasti colpiti da questo esito, e soprattutto perché il PD, di cui sono anch’io rappresentante in Consiglio regionale, per due anni si è mosso dicendo NO a ogni lista bloccata e lavorando su una soglia unica di sbarramento.

Io continuo a pensarla come il PD della prima ora, quello che, tenendo fede a un impegno pubblico verso le elettrici e gli elettori, aveva prodotto nel gennaio 2014 un testo importante, che raccoglieva in modo coerente il lavoro fatto fino ad allora e che avrebbe potuto portare (ce n’erano tutte le condizioni) a una legge largamente condivisa con la grande maggioranza delle forze consiliari. Eravamo in fondo, potevamo farcela. E invece – almeno per ora – non ce l’abbiamo fatta.

Ma non è finita, c’è ancora tempo per un ripensamento, per ritornare allo spirito originario e dare alla Toscana una buona legge, senza pasticci.

Intanto, per prima cosa e per chiarezza di tutti, vorrei che chi nel PD è stato protagonista dell’accordo con Forza Italia rispondesse alle dieci domande che gli ho rivolto.

Le mie dieci domande

  1. Perché il PD ha fatto, all’ultimo minuto, l’accordo con Forza Italia sulla legge elettorale regionale?
  2. Che cosa ha ottenuto il PD da Forza Italia, di più rispetto a ciò che era ormai assodato tra la stragrande maggioranza delle forze politiche: preferenze uomo-donna, preferenze facilitate, piccole circoscrizioni, ballottaggio per l’elezione del Presidente della Giunta e premio di governabilità?
  3. Perché, prima di sottoscrivere l’accordo con Forza Italia, non sono stati consultati in un referendum gli iscritti e gli elettori del PD, a cui il PD aveva promesso “niente liste bloccate”?
  4. Quale argomento potrà utilizzare il PD in campagna elettorale verso chi userà il listino bloccato se è proprio il PD, con il suo voto decisivo, a farlo passare?
  5. Ci sono o non ci sono personalità importanti nel PD toscano che già oggi dicono che, invece, il listino bloccato regionale è una cosa che anche il PD dovrebbe utilizzare?
  6. È più PD quello toscano o quello dell’Emilia Romagna, che ha approvato, oltre alla soppressione del listino regionale, soglie di sbarramento basse per facilitare la rappresentanza? Qual è la specificità toscana che impone la seconda aberrazione contenuta nell’accordo PD-Forza Italia?
  7. Qual è l’interesse del PD a negare rappresentanza a partiti che da soli raggiungono (dati elezioni europee) 94.800 voti o in due 189.600 voti, e a garantire rappresentanza a quelli che ne prendono 56.919?
  8. Perché proprio la Toscana dovrebbe violare due volte il principio basilare dell’uguaglianza del voto?
  9. Perché un elettore o un’elettrice, o un candidato o una candidata non eletti, non dovrebbero fare ricorso contro le due aberrazioni di questa legge?
  10. Perché nel PD Toscano non si riesce a dire “abbiamo commesso un errore, rimediamo”?

Ovviamente, io ho le mie risposte a queste domande, in un prossimo post le metterò per iscritto, così magari le confrontiamo con quelle che arriveranno (se arriveranno) dal mio partito.

Le mie domande sono fondate su buone ragioni, che riassumo ancora una volta. Ripetere in questi casi giova.

1. Ogni legge elettorale deve garantire l’uguaglianza del voto. Se il diritto di voto funziona male, tutte le decisioni funzionano male. Le regole volute da Forza Italia negano, per fini particolari, l’uguaglianza del voto, che è alla base di ogni buon meccanismo decisionale.

L’uguaglianza del voto non è solo una normale aspirazione per ogni persona di sinistra. L’uguaglianza del voto è soprattutto il modo per garantire legittimità e stabilità al sistema democratico. Così deve essere per il Parlamento, così deve essere per i comuni, e così deve essere anche per la Regione.

Uguaglianza del voto significa più cose: uguaglianza tra candidati, uguaglianza tra forze politiche, uguaglianza tra i cittadini che votano. I sistemi elettorali possono “forzare” una di queste uguaglianze, ad esempio in nome di un ragionevole principio di governabilità. Ma se si forzano tutte insieme, il sistema diventa inaccettabile, profondamente diseguale, illegittimo.

Per esempio, in Italia, il sistema elettorale dei comuni con più di 15.000 abitanti è un proporzionale con voto di preferenza su liste plurinominali, c’è il premio di maggioranza legato all’elezione del sindaco, e la soglia di sbarramento è del 3%, sia per i singoli partiti sia per le coalizioni. Questa è una soluzione equilibrata e accettabile, il principio di uguaglianza del voto è garantito.

2. L’accordo PD-Forza Italia stipulato in Toscana per la nuova legge elettorale non rispetta nessuna uguaglianza. C’è il premio di maggioranza per chi vince al primo o al secondo turno (e questo va bene), ma ci sono anche:

a)      soglie d’accesso alte e differenziate: le coalizioni devono raggiungere il 10% dei voti, e in questo caso la soglia d’accesso del singolo partito è il 3%; altrimenti accede al consiglio regionale solo il partito che ha raggiunto il 5% dei voti; non c’è uguaglianza tra le forze politiche;

facciamo un esempio, per capirci:

Il 10% di voto di coalizione in Toscana significa 189.729 voti (europee 2014, voti validi totali 1.897.292). Due partiti ciascuno di 94.800 voti (4,99%), 189.600 in totale (9,99%), non entrano in consiglio, perché solo tra di loro coalizzati, mentre entra in consiglio chi ne prende 56.919 (3%), perché coalizzato con il PD o Forza Italia. Ce lo vedete un partito al 4,99% (o al 3,1 però di coalizione che non raggiunge il 10%) che non fa ricorso perché escluso?

In realtà, non tutte le soglie differenziate sono aberranti. L’Emilia-Romagna, ad esempio, le ha introdotte (in coerenza con l’attuale legge statale che detta i principi cui devono attenersi quelle regionali) ma in un senso completamente opposto a quello dell’accordo PD-Forza Italia. In Emilia Romagna, con voto pressoché unanime del Consiglio si sono stabilite due soglie: il 3% per i partiti coalizzati o meno, che può diventare minore del 3% se il candidato sostenuto dalla coalizione raggiunge il 5% di voti. Cioè: puoi anche non raggiungere il 3%, ma se il tuo candidato presidente di coalizione raggiunge il 5%, allora tutte le liste che lo sostengono possono accedere al riparto dei seggi. Sono soglie differenziate, ma si preoccupano dei piccoli partiti che comunque in coalizione hanno raggiunto il 5% dei voti. Ecco cosa vuol dire soglia differenziata ragionevole. Come, a mio avviso, è ragionevole anche fermarsi al 3%, un po’ più rischioso ma certamente ragionevole.

b) voto di preferenza per stabilire i consiglieri eletti, ma anche listino regionale bloccato, e addirittura possibilità di candidarsi sia nel listino bloccato sia nelle liste con voto di preferenza; non c’è uguaglianza tra i candidati e non c’è uguaglianza tra gli elettori. La scheda elettorale è quanto di più confuso possa essere, con nessuno, uno due o tre nomi scritti sotto i simboli (listino bloccato regionale), nomi scritti accanto al simbolo e sui cui gli elettori possono dare il voto di preferenza, e nomi scritti in modo diverso (i primi col nome puntato, gli altri nome e cognome per esteso).

facciamo anche qui un esempio, per capirci:

l’elettore, qualsiasi elettore, si trova un’unica scheda e la possibilità di dare uno o due voti di preferenza (in questo caso una donna e un uomo). Viene addirittura invitato a dare la preferenza (voto facilitato) ma poi non è affatto detto che la candidata o il candidato che vota sarà eletta/o, perché la conta non è (come sarebbe ovvio) solo tra i candidati con preferenza, i quali sono “scalzati” da quelli della lista bloccata regionale, che lui non vota. Anzi, se dà il voto di preferenza lo dà “obbligatoriamente” anche a quelli della lista regionale, anche se quelli non gli piacciono. Non solo: magari nella lista con le preferenze c’è un candidato che sta anche nella lista bloccata regionale, e può dunque succedere che questi prenda pochissime preferenze (arrivi ultimo) e poi si ritrovi eletto. L’elettore è praticamente preso in giro: vota per uno e non sa che vota per un altro.

Per capirci: non tutte le liste bloccate sono una presa in giro dell’elettore. Puoi essere “politicamente” contro le liste bloccate (è la mia posizione), ma se ti preoccupi della tenuta costituzionale delle liste bloccate, devi mettere molta cura nel proporle, non puoi fare scempio del diritto di voto. Per esempio, nella legge cd. Mattarella c’erano i collegi uninominali, con i quali si sceglieva il 75% degli eletti, chi arrivava primo vinceva e l’elettore sapeva chi votava. Poi, su un’altra scheda, c’erano piccole liste bloccate regionali destinate al recupero proporzionale. L’elettore poteva fare due scelte, anche diverse tra di loro: il candidato dell’uninominale e la lista proporzionale. Certo, su questa non sceglieva i singoli candidati, ma il suo voto era uguale a quello degli altri elettori, e la lista “corta” scritta sulla scheda garantiva in qualche modo di “vedere” quali erano i candidati dei diversi partiti e dunque fare un raffronto. Niente a che vedere con il Porcellum. Invece, la mescolanza di voto di preferenza e di lista bloccata (non importa se facoltativa o obbligatoria) determina: voto diseguale, diseguaglianza tra candidati della lista regionale e della lista provinciale, confusione nella scheda. Il voto, che dovrebbe essere la cosa più chiara di questo mondo, diventa una cosa oscurissima, una presa in giro appunto.

Non è un caso che i giuristi, che hanno espresso le loro perplessità sulle soluzioni contenute nell’accordo PD-Forza Italia, lo hanno fatto evidenziando la rottura del principio del voto uguale.

Dissento perciò dagli errori della proposta di legge 348/2014. A questo punto, è per me una questione di coerenza tentare di convincere, insieme ad altri consiglieri regionali del PD, tutti i miei colleghi e le mie colleghe del PD e degli altri partiti che sono in Consiglio:

  • che si sta per fare un grave errore: nella fretta di fare comunque un accordo con Forza Italia, si sono sottovalutati gli effetti negativi di quell’accordo; negativi soprattutto per la tenuta delle prossime elezioni, che saranno esposte a tanti, troppi dubbi di costituzionalità, e dunque a tanti ricorsi davanti ai giudici;
  • che si può e si deve riconoscere l’errore (tutti possono sbagliare) e mettere davanti a tutto, anche davanti agli interessi particolari, gli interessi generali e dell’istituzione.

Il mio dissenso si concentra sui contenuti dell’accordo PD-Forza Italia, non è rivolto al PD. Anzi, sottolineo il fatto che il mio NO all’accordo PD-Forza Italia è basato sulle idee espresse dal PD per due anni e fino al 19 giugno 2014.

La riforma elettorale la votano i consiglieri regionali, nessun altro. Sono i consiglieri regionali che possono rimediare agli errori fatti. E se questo avverrà, io sono convinta che tutti, proprio tutti, compresi quelli che oggi sostengono l’accordo con Forza Italia, tireranno un sospiro di sollievo. Mi appresto perciò a presentare emendamenti al testo frutto dell’accordo con Forza Italia.

4. Infine, due promemoria.

Primo promemoria: perché non s’è fatto il collegio uninominale? Vedo che in alcuni commenti di questi giorni torna questa domanda (tardiva). Alcuni usano questa domanda per dire che, in fondo, avendo fatto il PD la scelta sbagliata (preferenze) l’accordo PD-Forza Italia è solo una variante, e dunque non è decisivo contrastare soluzioni che si muovono nel perimetro del voto con preferenza. Nulla di più sbagliato. È come dire: siccome dobbiamo mangiare la minestra non è importante cosa c’è dentro. Senza accorgersi che, invece, quella minestra è avvelenata.

Ricordo che sono stata tra quelli, nel Gruppo di lavoro come nel PD, che hanno cercato di mantenere aperta fino al possibile la porta del collegio uninominale. Nell’atto di indirizzo del 9 agosto 2013, che ho personalmente redatto, i due sistemi erano ancora posti sullo stesso piano. Poi però ho dovuto prendere atto:

  • che il Presidente della Giunta regionale si è espresso in modo deciso in favore del ripristino delle preferenze;
  • che molte forze politiche nel Gruppo di lavoro (e soprattutto nel centro destra) si sono espresse in favore del ripristino delle preferenze, principalmente perché il collegio uninominale avrebbe determinato l’elezione in prima battuta pressoché di tutti i candidati del centro sinistra, lasciando agli altri candidati il ruolo di eletti in seconda battuta;
  • che nell’opinione pubblica è prevalsa una visione decisamente favorevole alle preferenze;
  • che il PD ha, a un certo punto (dicembre 2013), fatto la scelta, e tra i due sistemi ha deciso di puntare sulle preferenze.

Dunque, io oggi sostengo – in continuità con il lavoro fatto – che la soluzione trovata il 30 gennaio 2014 sul voto di preferenza donna-uomo facilitato su liste plurinominali brevi è una soluzione sostenibile, dignitosa, accettabile.

Secondo promemoria: attacchi personali senza senso. Fin qui, le cose che sto sostenendo nel dibattito attuale, pubblicamente e dentro il PD. In questi giorni il segretario metropolitano del PD di Firenze ha voluto attaccare le mie posizioni non entrando nel merito ma invocando il fatto delle modalità della mia elezione in Consiglio regionale nel 2010 (la Repubblica, cronaca di Firenze, 17 agosto). Se qualcuno di voi ha letto quelle dichiarazioni ed è interessato a conoscere la mia dettagliata risposta, rinvio alla Nota che trovate in questa pagina, dal titolo “Risposta al compagno Fabio Incatasciato. E dieci domande al mio partito”. Per me il capitolo, imbarazzante solo per chi lo ha aperto, è chiuso.

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