Le ragioni di Landini

novembre 17, 2014admin2014, da FACEBOOK0

E SECONDO VOI NON HA RAGIONE LANDINI?

Siamo arrivati al dunque. Dice che la legge delega sul lavoro (cd. Jobs Act) sarà approvata certamente entro l’anno, e certamente anche con il voto favorevole di una parte della minoranza del PD. Dice che è stata trovata una “mediazione”, che riguarda il licenziamento per motivi disciplinari, qualche garanzia sui controlli verso impianti e non verso persone, e un po’ di risorse in più per i cd. “ammortizzatori sociali”, cioè le garanzie di reddito per chi perde il lavoro. Tutto il resto rimane tale e quale. Landini dice che è una brutta mediazione (per la verità ha detto parole un po’ più esplicite …). Chi avrà ragione?

Vediamo nel merito il contenuto della “mediazione”, e diamo per buono tutto quello che dicono i giornali, visto che testi non ce ne sono. Poi, se gli emendamenti concordati saranno diversi, c’è sempre tempo per cambiare opinione.

La legge di stabilità prevede risorse per gli ammortizzatori sociali molto inferiori alla spesa del 2014. Se hanno deciso (come pare) di mettere soldi in più non hanno mediato un bel niente, hanno solo fatto meglio i conti. Che poi, ricordiamocelo, si tratta di garanzie sempre più ridotte nella misura e nel tempo. Qualcuno avrà poi spiegato che i controlli invasivi sulle persone sono una bestialità, e che sarebbero caduti alla prima occasione. Anche qui, nessuna mediazione, solo un po’ di buon senso.

Infine, nella “mediazione” si sarebbe conservato il reintegro nel posto di lavoro per licenziamenti disciplinari illegittimi. Se ci si pensa un attimo però si capisce che si tratta di una cosa che regge solo se il datore di lavoro non ha una strada più facile per licenziare un lavoratore. All’atto pratico, è molto difficile che un lavoratore riesca a dimostrare che il licenziamento individuale non rientra tra quelli per motivi economici oggettivi ma tra quelli per motivi disciplinari.

Capiamoci: se un datore di lavoro licenzia un lavoratore perché si è reso responsabile di una grave violazione disciplinare, e questa non c’è proprio stata, è ovvio che dovrebbe scattare la reintegrazione nel posto di lavoro. Ed è ovvio che la reintegrazione dovrebbe scattare anche quando c’è stata una vera violazione disciplinare, ma è stata applicata la pena superiore (il licenziamento, appunto) invece di una inferiore.

Ma, questo è il punto, perché mai il datore di lavoro dovrebbe preferire di licenziare il lavoratore adducendo un motivo disciplinare (e rischiare il reintegro) quando invece gli basta licenziarlo per un qualsiasi motivo economico (e non rischiare il reintegro, gli basta dire che il licenziamento è dovuto a una riorganizzazione qualsiasi che fa “saltare” quel posto)? Perché, una volta eliminata anche la (debole) tutela del reintegro da licenziamento illegittimo per “manifesta insussistenza” di motivi economici, il licenziamento è comunque efficace, e diventa una facile scorciatoia per evitare l’intervento del giudice.

Certo, arzigogolando sulla “mediazione”, il lavoratore avrebbe sempre la possibilità di sostenere che il vero motivo del licenziamento è un fatto disciplinare, ma si troverebbe a dover dimostrare lui l’impossibile (il licenziamento è avvenuto non per cause economiche ma per … inesistenti violazioni disciplinari) o il paradossale (c’è stato il suo comportamento scorretto, il datore di lavoro non lo ha punito, doveva punirlo, lo ha punito male e lo ha licenziato per inesistenti motivi economici: e tutto questo dovrebbe sostenerlo di fronte a un datore di lavoro che … nega l’esistenza di una violazione disciplinare e insiste sul motivo economico, tanto il giudice non può obbligarlo al reintegro). Lo capisce anche un bambino che, in ogni caso, non c’è più spazio per contestare la scelta discrezionale del datore di lavoro. Insomma, una presa in giro.

Una volta che sarà tolta di mezzo la reintegrazione per illegittimo licenziamento economico, le cause di lavoro per licenziamento disciplinare semplicemente non ci saranno più. Devono averlo capito quelli di Ncd, che sono tornati a sostenere la posizione del Governo, evidentemente rassicurati che, nella sostanza, nulla cambia, la tutela reale dell’articolo 18 salta veramente. Come infine ha detto Renzi: abbiamo tolto l’articolo 18.

Cercando su internet, ho trovato una sentenza della Corte di Cassazione del 2010 che diceva così: “In tema di licenziamento, sebbene il giustificato motivo oggettivo determinato da ragioni tecniche, organizzative e produttive sia rimesso alla valutazione del datore di lavoro, come espressione della libertà di iniziativa economica tutelata dall’art. 41 Cost., esso deve essere pur sempre contemperato con il rispetto della dignità umana, trattandosi di diritto fondamentale della persona richiamato dalla stessa norma costituzionale nonché dalla legislazione del lavoro anche in relazione al diritto alla conservazione del posto di lavoro sul quale si fondano sia l’art. 18 St. Lav. che l’art. 30 del Trattato di Lisbona del 31 dicembre 2007, entrato in vigore dal 1° gennaio 2009”. (Cass. 27/10/2010 n. 21967). Sono proprio queste le sentenze che il Jobs Act vuole cancellare. Nemmeno il Governo Monti c’era riuscito del tutto.

E secondo voi non ha ragione Landini? Secondo me si.

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