Per la democrazia paritaria
La democrazia al bivio. Democrazia paritaria – Oltre le quote rosa
13 ottobre 2012 – Auditorium del Consiglio Regionale – Introduzione di Daniela Lastri
Ringrazio tutti voi di essere qui presenti, e ringrazio il Presidente del Consiglio regionale e l’Ufficio di presidenza che hanno voluto promuovere questo convegno. E’ un momento di riflessione a cui teniamo particolarmente in vista di importanti decisioni che saremo presto chiamati a prendere.
La verità è che, come diciamo nel titolo di questo incontro, siamo ad un bivio, la democrazia italiana è a un bivio. Come vedremo con le nostre ospiti, non è che l’Italia repubblicana sia stata immobile sui temi chiave della partecipazione delle donne alla vita sociale e politica: è che non ce l’ha fatta a fare il salto di qualità. È rimasta nel limbo. E oggi, nell’Italia della crisi economica e politica, rischiamo di fare un bel passo indietro.
Se non vogliamo tornare indietro, dobbiamo indicare e trovare una via d’uscita superiore. Dobbiamo far leva su più cose insieme, e proporre all’attenzione della politica e delle istituzioni l’obiettivo di un nuovo patto, di un cambiamento fondato sulla democrazia paritaria.
Dunque sì, non possiamo che salutare con soddisfazione:
- leggi come la 120 del 2011 sulla presenza delle donne nei consigli di amministrazione delle società quotate in borsa e in quelle a partecipazione pubblica
- il voto del Senato sulla legge che promuove il riequilibrio della rappresentanza nei consigli e nelle giunte degli enti locali e nei consigli regionali
- e prima ancora la riforma degli articoli 51 (uguaglianza nell’accesso agli uffici pubblici e alle cariche elettive, e promozione delle pari opportunità con leggi della Repubblica) e 117 (leggi regionali per la parità sociale e politica) della Costituzione
E però, come diranno Marilisa D’Amico e Silvia Pasqua, l’Italia è il paese del grande mare che c’è tra il dire e il fare, il paese delle rivoluzioni incompiute e spesso tradite. Il paese che non riesce ad emergere dal gruppo di nazioni di retroguardia nella rappresentanza politica delle donne, il paese dei gap che non si rimarginano mai.
Per arrivare ai risultati che citavo prima, si è dovuti passare per dibattiti parlamentari che hanno sfiorato la rissa, e nei quali si sono sentite dire parole come “le donne sono disinteressate alla politica” o “se forziamo le donne alla politica forziamo il principio di meritocrazia”. Lascio a voi i commenti.
Non sta a me segnalare oggi l’inconsistenza concettuale e pratica degli stereotipi che si addensano sul ruolo delle donne, nella famiglia, nella società e nella politica. Avrete modo voi stessi di dirlo. Invece, io voglio chiedermi: come si fa a superare questo stallo? Questa incapacità di gettare finalmente il cuore oltre l’ostacolo?
Per me, ma credo anche per voi, è venuto il tempo della democrazia paritaria, della giustizia di genere che si affianca alla giustizia sociale, della costruzione comune di istituzioni democratiche rinnovate. Questo è il paradosso che ci tocca vivere e far vivere: il blocco si supera solo rilanciando il tema più grande, o si tocca questo tema o ci tocca vivere di piccoli passi avanti e di tanti passi indietro.
Secondo interrogativo: come facciamo a fare questo salto di qualità?
Gli interrogativi rimandano al nostro impegno, a come esercitiamo la nostra capacità di convincere, a come costruiamo relazioni tra società e istituzioni che rendano saldo il cammino.
Le consigliere regionali della Toscana hanno voluto mettere nero su bianco quello che pensano, in una proposta di Risoluzione sulla democrazia paritaria e sulla futura legge elettorale regionale. Lo hanno fatto, lo abbiamo fatto, partecipando ad un movimento più generale, ad un patto sottoscritto dalle consigliere di tutti i consigli regionali in occasione del Forum delle elette tenuto a Roma nel novembre 2011. E oggi ribadiremo queste cose con la Carta di intenti che abbiamo elaborato insieme alle donne di Senonoraquando e che sottoscriviamo stamani prendendoci altri impegni (abbiamo elencato le diverse possibilità: doppia preferenza, oppure uninominale con numero paritario di candidature, oppure ancora il “binominale”, e altri strumenti che arrivano alla inammissibilità delle liste che non applicano i criteri paritari; approfondimenti su queste possibili scelte saranno svolti da diversi interventi).
Direi che dobbiamo darci tre obiettivi, che porrei come obiettivi comuni, non di parte, da assumere insieme: donne che sono nelle istituzioni e che provengono da diversi campi, donne impegnate nella società civile, forze politiche, uomini della politica e delle istituzioni.
Il primo è di cambiare lo Statuto regionale, e di introdurre il principio-obiettivo della democrazia paritaria. Proporrò alle mie colleghe toscane di assumere una iniziativa in tal senso, e conto sulla disponibilità dei colleghi consiglieri.
Il secondo è di rafforzare le politiche di pari opportunità, nell’ottica di una democrazia paritaria che si riversi nei luoghi della responsabilità e dell’amministrazione. Penso al rafforzamento della nostra legislazione sulle nomine, tanto positiva quanto così spesso non realizzata.
Il terzo è la legge elettorale regionale, appuntamento obbligato che abbiamo di fronte a noi, e che sarà bene affrontare al più presto, anche per evitare che – come oggi avviene a livello nazionale – sia troppo condizionato dal gioco elettorale e, perché no, dalle aspirazioni personali. Ci sono già in campo proposte sulle doppie preferenze (del tipo Campania), ma nessuno si è ancora avventurato sul sistema uninominale. Insomma: dalle donne deve venire un segnale inequivoco su dove si deve andare, anche perché – con la riduzione del numero dei consiglieri e dei componenti la Giunta – le donne rischiano una beffa in più, magari non voluta, magari inconsapevole, di vedere la rappresentanza femminile ulteriormente ridimensionata. Sappiamo come è andata in Toscana nel 2010, con sole 9 donne elette su 55, uno dei livelli più bassi mai raggiunti a destra come a sinistra. Ed è una cosa “strana” e inconcepibile, in una Regione che ha una Giunta in cui le donne sono ampiamente partecipi e una donna è la portavoce dell’opposizione. E pensare che, avendo un sistema di liste bloccate, a detta di alcuni avremmo dovuto essere avvantaggiate…
Attenzione: con la democrazia paritaria non poniamo ancora una volta un problema di quote. Poniamo la necessità di un discorso più ampio, di una auto riforma della politica, di un atto paragonabile al voto alle donne. Un atto di coraggio e di rinnovamento che travalica gli interessi del momento. Un atto di riconoscimento, non di concessione, della politica fatta di due generi.
Dovunque nel mondo, quando le democrazie prendono forma, il primo problema è investire sulla presenza femminile. La nostra democrazia – afflitta da profondo malessere che però crediamo curabile – deve ricostruire una forma nuova, rilegittimarsi nella partecipazione. E questo non può avvenire senza scegliere, uomini e donne, un principio fondante di parità.
Come vedete, mi sono mossa tra evocazione (dei problemi) e invocazione (all’impegno di tutti). So bene che il nodo cruciale della legislazione elettorale è molto scivoloso, molto più delle politiche tradizionali di parità e pari opportunità, molto più dei principi generalissimi su cui appare più facile trovare ascolto e anche intese.
Ma davanti a noi abbiamo ormai il problema di salvare la democrazia, nel senso più alto del termine, come governo effettivo della repubblica, perché il potere del popolo non sia svilito dal governo mondiale della finanza e dal condizionamento delle oligarchie. In questo problema ci siamo tutti, e dobbiamo decidere se ci acconciamo ad una visione piccola e riduttiva delle istituzioni democratiche, nella quale ricercare una nicchia, un governo marginale della società, oppure se vogliamo riprendere il cammino interrotto, il cammino della civiltà europea. Non credo di esagerare.
La crisi delle istituzioni democratiche si vede anche dal nostro punto di osservazione, da una Regione che è un simbolo di buon funzionamento della dinamica politica e istituzionale. E non vedo come riusciremo a fronteggiare questa crisi se non si ricostruisce una unità di fondo del popolo. È in questa ricostruzione democratica che c’è, intera, la democrazia paritaria di cui parliamo, la democrazia delle donne e degli uomini, nessuno escluso.
Grazie.